SINTESI / ABSTRACT
 

Obiettivo dell’autore è di fornire per la prima volta un descrizione del patrimonio dei Cavalieri di Malta in Sicilia durante il Medio Evo attraverso l’esame degli atti e seguendo la crescita e l’evoluzione dei loro possedimenti, volendo, in tal modo, mettere a disposizione degli studiosi uno strumento di lavoro che permetta di indagare altri aspetti della storia medioevale dei cavalieri siciliani, operazione difficile se non si possiede una percezione del loro potere economico e politico sull’isola. L’autore affronta subito la questione delle fonti tra le quali emergono quelle degli storici Amico e Pirri che tramandano i documenti dell’archivio centrale della chiesa di San Giovanni di Messina andato distrutto. Da questo parte la sua indagine sul fondo complementare conservato nella Commeda della Magione dell’Archivio di Stato di Palermo nel quale sono contenuti interi dossier sui vari gruppi di possedimenti, e sulla documentazione dei registri notarili siciliani e delle cancellerie. Di grande importanza l’unico elenco dei possedimenti dell’Ordine in Sicilia conservato, sebbene incompleto nell’Archivio Segreto Vaticano.
Sorvolando sulla storia dell’insediamento dell’Ordine in Sicilia già trattato nel precedente intervento e sulla conseguente, definitiva formazione del patrimonio degli ospedalieri tra il 1212 e il 1220, l’autore sostiene che il patrimonio dell’Ordine non fu solo una creazione del potere regio e dell'alta nobiltà siciliana. Due fattori contribuirono infatti alla sua formazione, la cooperazione economica dei cavalieri con i siciliani, i finanziamenti per la guerra in Terra Santa. Non va certamente trascurata, in questo contesto, la conseguenza della soppressione dell’Ordine dei Templari e l’acquisizione, anche se non totale del loro patrimonio nell’isola. La formazione del patrimonio medioevale degli ospedalieri in Sicilia si conclude nel 1404 con l’acquisizione del feudo di Schettino grazie al Gran Priore di Messina Roberto Diana.
L’autore procede quindi a quantificare le dimensioni del patrimonio che alla fine del XV secolo si configura in una trentina di siti siciliani, i cui beni si dividevano in sei gruppi di possedimenti urbani importanti, cinque feudi ed una serie di proprietà urbane e terriere. L’Ordine di San Giovanni fu, grazie ai suoi feudi, uno dei più importanti proprietari terrieri nella Sicilia e uno degli Ordini religiosi più diffusi. Il suo patrimonio può essere suddiviso in tre nuclei, Messina, Castanèa, Milici e di Mesofletu.
Sotto il profilo strutturale giovannita, la Sicilia fu una provincia della Lingua d’Italia, struttura amministrativa interna dell’Ordine con sede a Messina, nell’Ospedale di San Giovanni, grande complesso ecclesiastico con annesso il borgo San Giovanni formato da case e da terreni degli ospedalieri. La provincia siciliana dell’Ordine si divideva in precettorie, unità amministrative affidate agli ufficiali dell’Ordine. Tra queste Lentini, Catania, Gangi, Agrigento e numerose altre città tra le quali ruolo importante assunsero quelle di Siracusa e di Palermo in quanto i Cavalieri vi possedevano gli ospedali. Numerose anche le chiese che costituivano dei veri e propri centri del suo patrimonio, molte delle quali dedicate a San Giovanni.
L’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, conclude l’autore, era indubbiamente una delle potenze economiche più importanti della Sicilia medioevale. Vastissimi possedimenti rurali, acquistati all’inizio del duecento, e una serie di chiese locali garantivano ai cavalieri una totale autonomia. Creata all’origine come base economica della Terra Santa, la provincia siciliana dell’Ordine diveniva, una volta messi a frutto i suoi beni, una potenza di per se stessa. La Sicilia, aggiunge ancora, fu al centro della geografia medioevale dell’Ordine e rappresentò sempre un paese “su cui contare”. Inoltre le tracce delle attività dei cavalieri sono ancora ben visibili sul territorio siciliano: basta pensare allo sviluppo di Messina, a Rodì Milici e Castroreale, ovvero alla zona di Aidone dove il patrimonio dell’Ordine influenzò e incrementò l’economia siciliana.
 

The aim of the author is to provide for the first time a description of the patrimony of the Knights of Malta in Sicily during the Middle Ages by examining the deeds and following the growth and evolution of their properties. In this way he wants to put at the disposal of scholars a work instrument that enables them to investigate other aspects of the mediaeval history of the Sicilian knights, difficult if one does not have an idea of their economic and political power over the island. The author immediately tackles the issue of the sources, among which emerge those of the historians Amico and Pirri who have handed down documents from the central archives of the church of St. John of Messina, which was destroyed. This is the starting point of his investigation of the complementary estate conserved in the Commenda of the Magione of the State Archives of Palermo, which contains entire dossiers on the various groups of possessions, and of the Sicilian notary and chancery records. The only list of the Order’s possessions in Sicily, conserved albeit incomplete, in the Vatican Secret Archives is of great significance.
Looking over the history of the Order’s settlement in Sicily already treated in the previous paper and on the consequent growth of the hospitallers’ patrimony between 1212 and 1220, the author sustains that the Order’s assets were not only created by royal power and the high Sicilian nobility. Two other factors contributed to its formation: the economic co-operation of the knights with the Sicilians and the financing of the war in the Holy Land. Also significant in this context is the consequence of the suppression of the Order of Templars and the acquisition, albeit only partially, of their patrimony on the island. The development of the mediaeval possessions of the hositallers in Sicily concludes in 1404 with the acquisition of the feud of Schettino thanks to the Grand Prior of Messina Roberto Diana.
The author then proceeds to quantify the dimensions of the patrimony which, at the end of the 15th century, consisted of thirty of so Sicilian sites, whose assets were divided into six groups of important urban properties, five feuds and a series of urban and country estates. Thanks to its feuds the Order of St. John was one of the major landowners in Sicily and one of the most extensive religious orders. Its patrimony can be divided into three nuclei, in Messina, Castanea, Milici, and Mesofletu.
Under the Order’s structural profile, Sicily was a province of the Lingua d’Italia, an administraive unit inside the Order with headquarters in Messina, in the Hospital of St. John, a large ecclesiastical complex with the borgo of St. John annexed to it, made up of the hospitallers’ houses and land. The Order’s Sicilian province was divided into preceptories, administrative units entrusted to the Order’s officials. Included in these were Lentini, Catania, Gangi, Agrigento and various other cities, among which Syracuse and Palermo were important since the knights possessed hospitals there. There were also numerous churches which constituted authentic centres of its patrimony, many of which dedicated to St. John.
The Order of St. John of Jerusalem, concludes the author, was undoubtedly one of the most important economic powers in mediaeval Sicily. Vast rural properties, acquired at the beginning of the 13th century, and a series of local churches guaranteed the knights total autonomy. Created originally as the economic base for the Holy Land, the Order’s Sicilian province, once its assets started bearing fruit, became a power in itself. Sicily, he adds, was at the centre of the Order’s mediaeval geography and always represented a country on which to rely.
Moreover, the traces of the knights’ activities are still very visible on the Sicilian territory: just think of the development of Messina, Rodì, Milici and Castroreale, that is the Aidone area where the Order’s possessions influenced and boosted the Sicilian economy.

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