Origine di questo ramo
Una delle linee ultragenite della famiglia che merita una
speciale menzione è quella dei marchesi di Condagusta e ba-
roni della Mola. Questo ramo ebbe origine da Girolamo, figlio
ultragenito di Tommaso Conte di Condojanni e Stratigò di
Messina nel 1516. Girolamo ricopri la carica di Deputato
del Regno, e si rese celebre per il suo tenace attaccamento
alle libere istituzioni cittadine che il Governo spagnolo vo-
leva con la forza e con l’astuzia distruggere. Per tale azione
patriottica egli ebbe a subire molte persecuzioni. Dal suo ma-
trimonio con Violante Villadicani nacquero Tommaso, Basilio,
Cesare, e Francesco.


Cesare Arcivescovo di Palermo
Cesare, fu il personaggio che illustrò non solo questa linea
ma la intera casata. Abbracciata la carriera ecclesiastica, su-
bito vi si distinse per intelligenza, pietà e fermezza di carattere.
In breve queste preclari doti gli permisero di raggiungere le
più alte vette nella gerarchia della Chiesa. Fu prima chia-
mato alla Corte di Spagna come Cappellano del re Filippo II;
quindi nel 1574 venne consacrato Vescovo di Girgenti. Rimase
a reggere quella Cattedra Vescovile per quattro anni, e nel
1578 fu nominato Arcivescovo di Palermo.Era prossima la sua
assunzione ai fastigi della sacra porpora cardinalizia quando
la morte immaturamente lo colse nel 1588, a soli 51 anni, men-
tre nel pieno rigoglio delle sue forze fisiche ed intellettuali
attendeva a svolgere La grande attività di Pastore pietoso ed
illuminato, di mecenate, di intellettuale. Della sua in stanca-
bile opera parlano tutti gli storici di Sicilia, e specialmente il
Pirro, e il Mongitore. Rimangono a testimoniare l’attività co-
struttrice di questo grande Prelato le costruzioni del Duomo,
del Palazzo Arcivescovile e del Seminario della Città dei Ve-
spri, edifici che ancor oggi portano sui loro prospetti le armi
dei Marullo. Il suo ritratto è tuttora visibile nella Cattedrale
di Girgenti, e un mezzobusto marmoreo è posto alla fine della
prima rampa dello scalone del Palazzo arcivescovile di Palermo.
Altro ad olio, di mirabile fattura, benché devastato dal
tempo e dalla umidità, riproducente le nobili sembianze del
grande Arcivescovo, si trova nella sede della Arciconfraternita
della Carità posta nella Chiesa di Sant’Elena e Costantino in
piazza del Palazzo Reale palermitano li suo nome passò alla
storia, tanto che il Comune di Palermo ne ha intitolato una
piazza cittadina per ricordarlo. Morì in Palermo il 12 novembre
per mal di pietra (calcolosi vescicale) di cui soffriva, e che i
mezzi chirurgici di quel lontani tempi non erano capaci di
affrontare vittoriosamente.
La sua dipartita fu molto pianta in Palermo e nella Sicilia
tutta, ed il Mongitore nella sua Biblioteca, Vol. I pag. 120,
cosi la registra:
. . . . . . . .
. . . . . . . .
. . . . . . . .
<<nobilis messanensis, iuris utriusque doctor, vir a generis no-
<<bilitate morumque praestantia conspicuus. Philippi II Ca-
<<tholici Regis primus Capellanus, exinde an. 1574 Episcopus
<<Agrigentinus electus est. Vix in Agrigentinae sedis possessio-
<<nem immissus, pastorali solecitudine prima Seminarii Cleri-
<<corum fundamenta posuit, cui ex Episcopali Mensa annuos
<<proventus assignavit et aedificiorum magnificentia Cathe-
<<dralem Ecciesiam ac Episcopii aedes illustravit. Anno 1578 ad
<<Panormitanam Archiepiscopalem sedem translatus, Ecciesiam
<<hane haud minori viailantia rexit nam Pastorali fortitudine
<<Ecclesiae jura, ac privilegia corstanti pectore propugnavit.
<<Sacella Cathedralis, quae meridionali latere adhaerant magni-
<<fice extruxit. Archiepiscopale palatium ornavit. Clenicorum
<<Seminarium a fundamentis excitavit. Synodum Diocesanam
<<a. 1586 coegit et in Sanctimonialium Gyneceis collapsam di-
<<sciplinam instauravit. An. 1578 et 1582 Regni Comitiis prae-
<<fuit. Tandem editis pietatis ac sedulitatis argumentis, Panor-
<<mi decessit 12 novembre 1588 et in Sacello Crucifixi Domini
<<sepultus iacet in cuius sepuichno e marmore haec legitur in-
<<scriptio: D. Caesar ex illustri Maruliorum genere eximia inte-
<<gritate Pastor, cum Agrigentinam primum, Panormitanam
<<postea rexisset Ecciesiam precla:rissime, Iustitiae, Pietatis, Li-
<<beralitatis, ac Vigilantiae relictis exemplis, annos agens LI.
<<boni omnibus tantus Praesuli desiderio moerentibus, obiit pri-
<<die Idus Novembris MDLXXXVIII >>.


Le Case Pinte
Sebbene l’Arcivescovo Don Cesare, di cui abbiamo fatto
ora parola, avesse trascorso quasi tutta la vita lontano dalla
sua città natale, egli continuamente le rivolse il suo pensiero
affettuoso e nostalgico, e volle adornarla edificando in riva al
mare, fuori Porta Reale, in prossimità della Chiesa dedicata a
San Francesco di Paola, un sontuoso ed originale edificio che
fu comunemente chiamato col nome di <<<CASE PINTE >>. In
questa splendida costruzione il Presule profuse grandi somme,
quasi una fortuna, ma egli, per un estremo senso di delicatezza,
chiese ed ottenne dal Papa dell’epoca che dalle entrate che gli
spettavano come personale suo appannaggio, potesse distrarre
quel tanto che era necessaria a fronteggiare quelle ingenti spese.
Chiamati a raccolta i più valenti architetti ed artisti del
tempo, che aveva già sperimentati nella costruzione del nuovo
Palazzo Arcivescovile di Palermo e nei restauri di quel Duomo,
Don Cesare Marullo vide ben presto sorgere quella incantevole
villa che destò meraviglia ed ammirazione in quanti poterono
visitarla. Era cinto questo nobile edificio da terrazze fiorite e
da giardini pensili, ornato da pitture e da statue. Fu chiamato
<<LE CASE PINTE >> per i dipinti che ne adornavano i muri
esterni.
Completata la costruzione nel 1580, fin dal suo sorgere di-
venne la dimora preferita dei più grandi personaggi che ven-
nero a Messina.
Nel 1611 vi abito 11 Duca d’Ossuna, e in seguito vi dimo-
rarono successivamente il Marchese di Los Veles, il Duca e la
Duchessa dell’Infantado. il Gran Priore di Navarra, il Marchese
di Lede, il Conte Wallis, il Duca di Laviefuille. Contigua allo
edificio era stata costruita una piccola Chiesa-Oratorio dedi-
cata a San Giuseppe, ed a cui si accedeva direttamente dalla
villa, a mezzo di un passaggio coperto. In questo Oratorio è da
molti ritenuto che sia stata da Palermo segretamente traslata
la salma del Presule mecenate e filantropo in obbedienza ad una
sua ultima disposizione.
Tale opinione sarebbe avvalorata dalle seguenti circostanze:
verso la metà del ‘700, per alcuni lavori urgenti che si eseguivano
nel Duomo di Palermo, venne scoperchiato il tumolo dell’Arci-
vescovo Marullo, e, con grande meraviglia di tutti gli astanti,
fu trovato vuoto, nè alcuna traccia vi si rinvenne della perma-
nenza vicina o lontana della salma in quel sepolcro. Il fatto
parve straordinario, ed in gran segreto se ne avverti subito l’Ar-
civescovo del tempo.
Accorsero le Autorità ecclesiastiche, ed alla presenza di
testimoni si redasse un atto sullo strano avvenimento, atto che
venne depositato nell’Archivio Arcivescovile.
Per qualche tempo si fecero su questo caso molte disparate
congetture ma poi, per ordine superiore, ogni cosa si mise a
tacere. La lapide che chiudeva il vuoto sepolcro fu collocata
nella cripta sotterranea del Duomo, ove oggi si vede.
La Villa delle <<Case Pinte >>, pervenuta per eredità ai ni
poti del suo fondatore, rimase ai Marullo per alcune generazio-
ni: in seguito passò ad altre famiglie, ed alla seconda metà del
‘700 pervenne ai Di Giovanni Duchi di Saponara che la detene-
vano nel 1783 quando il terremoto di quell’anno la distrusse, e
il mare ne fece sparire le tracce.


Tommaso, Basilia e Francesco Marullo e Villadicani

Come sopra ho accennato, furono figli di Gerolamo Marullo
e di Violante Villadicani: Tommaso, Basilio, Cesare e Francesco.
Di Cesare, il grande Presule di Palermo, mi sono occupato nelle
pagine precedenti; faccio ora qualche cenno sugli altri tre suoi
fratelli, i quali, se non ebbero nella loro vita i gloriosi successi
del Pastore insigne, tuttavia fecero onore con le loro opere al
nome della casata.
Tommaso, primogenito, fu prediletto dal fratello Cesare e
da questi fu chiamato presso di se a Palermo appena assunto
a quella Cattedra Arcivescovile. Di lui tratterò tra breve.
Basilio fu in età assai giovanile Cavaliere Milite di Giusti-
zia del Sacro Ordine di San Giovanni di Gerusalemme detto di
Malta. Egli fece regolarmente le sue Carovane sulle navi della
Religione dimostrando grande valore, singolare ardimento, e
assoluta dedizione al suo Ordine. Finito il periodo del Noviziato,
volle prendere subito parte alle imprese nel Mediterraneo infe-
stato dai navigli ottomani.
La spedizione di Zuara gli fu fatale: una moschettata lo
colse e lo uccise.
Volgo un pensiero riverente ed ammirato a questo giova-
nissimo eroe, mio lontano consanguineo, che volontariamente
diede la sua vita per la fede di Cristo e per la gloria del suo
Ordine.
Francesco fu Cavaliere dell’insigne Ordine spagnolo di San
Giacomo della Spada, e diede a sua volta origine alla linea che
dopo vari anni divenne titolare del marchesato di Condagusta
e della Baronia della Mola. E di ciò mi intratterò in seguito.
Tommaso Marullo e Viliadicani, di cui sopra, Si rese, sia
per la luce che emanava dalla grande personalità del fratello
Cesare, sia per meriti propri, assai chiaro in Palermo ove si sta-
bili, e dove rimase la sua discendenza per aver egli sposato la
gentildonna palermitana Donna Ippolita Notarbartolo e Spi-
nola.
Fu Senatore di Palermo e Regio Segreto in quella città.
Con suo testamento in Notar Scoferio del 1622 fondò un
cospicuo legato di maritaggio a favore delle donzelle di Casa
Marullo con prevalenza delle linee originate dalla sua dilettis-
sima figlia Donna Violante sposata con Don Mariano Migliac-
cio Marchese di Montemaggiore e Principe di Baucina. Tale
legato ancora esiste ridotto in sparuta entità nei confronti
della rendita annua di 600 onze assegnata dal fondatore.
Tale rendita rappresentava il frutto di importanti feudi po-
sti tra i territori di Malavagna e del Moio, già membri dell’antico
Stato di Castiglione di Casa Gioeni. Se il Lettore vorrà sapere
dove andarono a finire questi beni assegnati dal munifico Don
Tommaso potrà soddisfare la sua curiosità consultando l’Archi-
vio del compianto dottissimo genealogista Comm. Narciso Sal-
vo Cozzo di Pietraganzilli, Archivio oggi di proprietà del Mar-
chese Don Francesco di Pietraganzili a cui pervenne dal Padre
Don Narciso suddetto. Questo degnissimo gentiluomo abita in
Palermo in Via Vetriera n. 62.

Ignazio Marullo I° Marchese di Condagusta
Furono figli dei coniugi Tommaso Marullo e Villadicani ed
Ippolita Notarbartolo e Spinola: Ignazio, Antonio, e Violante in
Migliaccio, tutti e tre cittadini palermitani. Il primo fu uomo
di notevole intelligenza e godè grande prestigio in Palermo che
lo elesse per vane volte Deputato al Parlamento di Sicilia. Egli
sposò la cugina Maria Spinola dei Principi di Villanova. Nel
1626 ebbe concesso il titolo di Marchese di Condagusta, trasmis-
sibile. Morì nel 1635 senza figli, lasciando erede del titolo mar-
chesale il fratello Antonio perchè lo donasse a chi dei Marullo
credesse più degno di portarlo e trasmetterlo.
Il predicato di Condagusta, che fu dal re di Spagna con-
cesso al suddetto Ignazio unito al titolo marchesale, vuole signi-
ficare la unione di due parole <<QUONDAM – AUGUSTAE >> e
intese ricordare il possesso feudale della città di Augusta, pos-
sesso del quale, come si è detto, fu primo intestatario nel 1517
Don Tommaso di Condojanni.
Antonino Marullo e Notarbartolo chiamato dal fratello Igna-
zio alla successione del titolo marchesale, era da tempo, se-
guendo una irresistibile vocazione, entrato a far parte della
Compagnia di Gesù, ed aveva regolarmente preso gli Ordini
Religiosi.
Uomo di grande cultura e di vivissimo ingegno, si era su-
bito distinto nel suo Ordine per dottrina, attività e pietà.
Era stato tra i fondatori della Biblioteca Gesuitica di Pa-
lermo, e nella occasione della inaugurazione di tale grande rac-
colta di opere di cultura, aveva pronunziato un smagliante di-
scorso riportato dagli Annalisti del tempo. Assunto alla dignità
di Vescovo di Siponto, passò poco dopo a reggere l’Arcivesco-
vado di Manfredonia.
La Regola della Compagnia di Gesù, come quelle di quasi
tutti gli Ordini Religiosi, non consentiva, a chi ne faceva parte,
il possesso di beni materiali e di titoli nobiliari. E pertanto l’Ar-
civescovo Don Antonino suddetto donò il titolo di Marchese di
Condagusta, pervenutogli dal fratello Ignazio, al suo fratel Cu-
gino Tommaso Marullo, figlio di Francesco Marullo e Villadica-
ni, suo zio paterno. Questo Tomrnaso aveva già acquistato dalla
Regia Corte nel 1637 il Castello e Baronia della Mola, luogo di
grande importanza militare, sovrastante la città di Taormina, e
dominante tutto il litorale della Sicilia Orientale che va dal
forte di Sant’Alessio alle colline di Acireale in direzione di Ca-
tania.
Sposò Tommaso, di cui ho fatto cenno, Anna La Rocca ed
Anzalone.
Questi coniugi non ebbero figli e perciò Tommaso, morendo
nel 1650, chiamò erede di tutti i suoi beni il fratello Cesare,
dal quale passarono alla sua discendenza diretta maschile nel
cui possesso rimasero fino al 1733, anno in cui con la morte di
Placido Marullo, essendosi estinto il ramo diretto mascolino
dei marchesi di Condagusta, i beni ed i titoli furono devoluti
alla sorella Eleonora, già sposata con Placido Castelli, nobile
messinese. I Coniugi Castelli-Marullo ebbero due figli: Gaspare
e Blanda. Gaspare, a sua volta, mise al mondo un figlio a nome
Placido, che morì improle in età molto giovanile, e perciò i
titoli ed i beni toccarono a Blanda Castelli e Marullo. Aveva già
questa Dama sposato Giovanni Villadicani, e quindi i titoli di
marchese di Condagusta e Barone della Mola passarono in Casa
Villadicani. Il figlio di questi coniugi Villadicani-Castelli, Alva-
ro, fu il primo Principe della Mola, per avere ottenuto la ele-
vazione della Baronia a Principato.
Oggi questi titoli e predicati sono intestati alla famiglia
Previtera, per successione di Casa Mannamo, a cui erano per-
venuti per la completa estinzione della famiglia Villadicani,
avvenuta nel disastro tellurico di Messina nel 1908.

Indietro ------- Sommario ------- Avanti