A Rodi

on la caduta di Acri, il movimento crociato perde come disegno politico gran parte della sua validitá. Quando nel 1187 Gerusalemme era stata conquistata dalle truppe di Saladino, in tutti gli stati cristiani si era avuta una immediata reazione di carattere psicologico oltre che militare. Nel 1291, invece, la notizia della presa di Tolemaide suscitó dolore e indignazione ma nessuna sorpresa. La gravità della situazione era nota da tempo e, per quanto drammatica, la perdita della Terrasanta fu da tutti accolta come un evento ormai ineluttabile. L'Europa era lacerata dalle profonde rivalitá tra i vari sovrani e il fervore religioso non era piú sufficiente a spingere in Oriente principi e re. Soltanto il Papa Nicoló IV cercó, ma inutilmente, di tradurre in azioni concrete il suo profondo dolore per la sconfitta.

Ma se I'Europa poteva rinviare la solucione dei problemi connessi con l'ereditá del regno di Oltremare, per gli ordini militari iniziava un periodo di gravi incertezze. Nella impossibilitá di svolgere la propria attivitá istituzionale, sentivano venir meno le ragioni stesse per le quali erano stati fondati.

 

L'ospedale di Rodi costruito dal Gran Maestro Fra' Jean de Lastic.
 

Cadevano inoltre i presupposti di quella operazione di grande rilievo, che era stata la creazione degli ordini religiosi la cui regola prevedeva come obbligo la guerra agli infedeli. Un fenomeno interessante nella storia della Chiesa, che confermava come questa avesse saputo inserirsi anche nella societá guerriera del tempo. La nascita di quelle istituzioni aveva inoltre dimostrato che, da episodio in parte casuale, la crociata aveva assunto le dimensioni di un problema che coinvolgeva la coscienza cristiana anche a livello di pensiero, di organizzazione e di atteggiamento disciplinare ecclesiastico.

Ricchi e potenti, con le loro Commende disseminate in tutte le nazioni, travagliati da problemi di varia natura che il costante impegno militare aveva sempre sopito, gli ordini cavallereschi finirono per apparire come giganti in cerca di una bandiera e pronti a schierarsi dalla parte di chi avesse chiesto il loro intervento e il loro aiuto per una causa che fosse apparsa plausibile e accettabile. Nuovi protagonisti, sullo scenario di un'Europa cristiana dai difficili e precari equilibri.

Trasferita la sede del loro Convento e dell'Ospedale a Cipro, i Giovanniti sentono la necessitá di riorganizzarsi e di pensare al futuro. L'isola sulla quale avevano trovato ospitalitá insieme con i Templari, si dimostra subito un ambito troppo angusto e i Gerosolimitani comprendono che in quella situazione la loro indipendenza rischia di essere insidiata.

Gli anni della permanenza a Cipro costituiscono un interessante periodo di studio e di riflessione. Riuniti per ben due volte in Capitolo Generale, gli uomini dell'Ospedale esaminano la situazione preparando le strategie della loro azione futura. Le proprietá sparse in tutta Europa e le ricchezze delle varie Commende cominciano a suscitare interessi e cupidigie che potrebbero determinare pericolose situazioni e il possesso di quei beni deve ritrovare quanto prima, una giustificazione nell'impegno militare e ospedaliero. É necessario riorganizzarsi e tornare a combattere.

L'occasione propizia si presenta nel 1306. Vignolo de Vignoli, un avventuriero genovese al servizio dell'imperatore di Bisanzio, Andronico II Paleologo, aveva ottenuto dal sovrano un contratto d'affitto per le isole di Coo e di Lero. Egli propone al Gran Maestro Folco de Villaret di conquistare insieme tutto il Dodecanneso e chiede soltanto di poter tenere per sé un terzo del territorio. I Giovanniti comprendono che quella offerta é la soluzione auspicata per i loro problemi. Il momento politico suggerisce all'Ordine di rendere al piú presto concreta la propria sovranitá e di riprendere quanto prima l'attivitá. Non potendo piú combattere i musulmani sulla terra ferma, il mare sarebbe diventato per la Religione il teatro della sua azione. E come base operativa, Rodi era quanto di meglio si potesse pensare. Punto d'incontro tra le rotte di occidente e oriente, offriva porti naturali dove riparare le navi alle quali il clima e i venti avrebbero consentito di muoversi con facilità. Caratteristiche preziose per quella che sarebbe divenuta patria e roccaforte della milizia di San Giovanni.

Anche la situazione generale si delineava, per certi aspetti, favorevole. Rodi

Da aggiungere che l'isola suscitava ormai da tempo le attenzioni dei musulmani e molti nuclei saraceni vi si andavano insediando rapidamente. Si trattava, in definitiva, di intraprendere un'azione contro l'eterno nemico della Croce che minacciava di impossessarsi di un importante caposaldo.

Folco de Villaret decide la grande avventura e avvia preparativi per allestire una flotta composta da navi dell'Ordine e genovesi. La spedizione viene studiata a Cipro ma organizzata in Italia. Ed é da Brindisi che le navi salpano, facendo vela verso l'isola dove si fermano per imbarcare tutto il personale con bagagli e masserizie di ogni genere. Un'operazione che presenta problemi logistici piuttosto complessi, perché oltre a quanto era stato portato via dalla Terrasanta, i Giovanniti avevano soggiornato a Cipro per un tempo abbastanza lungo e dopo la perdita della Palestina molto materiale era giunto da tutte le Commende d'Europa. Quella che stava per essere iniziata era, inoltre, un'impresa che non ammetteva ripensamenti e che doveva essere condotta con il massimo della prudenza ma, al tempo stesso, della determinazione.

All'inizio dell'estate la squadra approda a Rodi e i Cavalieri cominciano le operazioni. Per completarne la conquista saranno necessari alcuni anni, ma il 15 agosto del 1310 su tutta l'isola sventola il rosso vessillo della Religione. Per l'Ordine di San Giovanni ha inizio uno dei periodi di maggior splendore della sua storia.

Superati i primi momenti di difficoltá, i Cavalieri trovano a Rodi la terra ideale. La disponibilitá e la cordialitá degli abitanti, il clima e la posizione geografica faciliteranno la loro rinascita.

L'Ordine dimostra ben presto qualitá che in Palestina non era riuscito a manifestare del tutto e anche dal punto di vista culturale, ben diversi saranno gli interessi rispetto a quelli coltivati in Terrasanta. Pur costretti a difendersi continuamente, i Gran Maestri sapranno suscitare intorno alla loro nuova patria notevoli attenzioni, consapevoli della necessitá di fare della Sacra Milizia l'espressione concreta di una crociata che non ricorresse soltanto alle armi per sostenere principi e ideali.

Rodi diverrá un punto di riferimento di primaria importanza e sará sempre al centro di due diverse considerazioni. Per le potenze europee essa costituirá essenzialmente una base militare di grande rilevanza strategica, mentre per la Chiesa e il mondo cristiano sará l'avamposto di una speranza: finché la bandiera con la bianca Croce in campo rosso avesse sventolato su quella terra, il sogno di un ritorno in Palestina non era da considerare del tutto svanito.

L'insediamento giovannita non risulterá gradito ai musulmani, che non indugiano ad aggredire l'antico nemico e nella primavera del 1310 si presentano con una flotta nelle acque dell'isola. Le condizioni delle difese sono tali da non consentire di respingere con successo l'assalto, ma I'intervento di Amedeo V, conte di Savoia, permette di fronteggiare gli avversari che battono in ritirata. Rodi é salva e iniziano i lavori per farne una roccaforte.

In Occidente, intanto, l'ideale crociato sembrava lentamente risvegliarsi e da ogni nazione d'Europa cominciavano ad arrivare giovani desiderosi di vestire l'abito Giovannita. Le nobili famiglie di Francia, Spagna, Italia, Portogallo e Inghilterra mandavano i loro figli cadetti a militare sotto le bandiere della Sacra Milizia e nel 1319, durante un Capitolo Generale convocato a Montpellier dal Gran Maestro Fra' Elione de Villeneuve, fu deciso di riunire gli Ospedalieri in compagnie corrispondenti ai loro paesi di provenienza. Quei gruppi furono chiamati Lingue ed ebbero a capo un «Piliero», al quale spettava di diritto una carica nel governo. Inizialmente vennero istituite quelle di Provenza, Alvernia, Francia, Italia, Aragona, Inghilterra (con Scozia e Irlanda) e Alemagna. Piú tardi, nel 1462, Castiglia e Portogallo si separarono dalla Lingua d'Aragona e costituirono l'ottava. Ogni Lingua comprendeva Priorati o Gran Priorati, Baliaggi e Commende.

Innumerevoli gli attacchi portati dagli ottomani nel tentativo di eliminare dal Mediterranco quel nemico che si andava rafforzando rapidamente. Nel 1312 un'intera squadra navale conquista Amorgo, un'isola dalla quale i musulmani potrebbero piú facilmente minacciare i Cavalieri. É lo stesso Gran Maestro Folco de Villaret a guidare lo sbarco e a scacciare il nemico.

Nel 1318 con una mossa a sorpresa assaltano Cos da poco fortificata. Sono a un passo da Rodi, ma il comandante delle galere Fra' Alfredo III di Schwarburg, con un'azione rapidissima, costringe gli avversari ad abbandonare le posizioni occupate.

Navi turche attaccano Chio nel 1319 e Rodi nel 1320. In entrambi i casi le forze giovannite sono inferiori, ma il nemico é respinto e gran parte dei suoi legni catturati.

Nonostante i numerosi insuccessi, i musulmani non desistono e la loro presenza nel Mediterraneo si fa sempre piú minacciosa. Nel corso del XIII secolo la situazione generale diverrá, inoltre, piú complessa. I piccoli stati cristiani della Siria finiscono per essere eliminati dall'offensiva dei sovrani mamelucchi d'Egitto e nelle mani degli

Durante l'assedio di Rodi Fra' Pietro d'Aubusson rende omaggio alla Vergine del Fileremo protettrice dell'Ordine.
 

occidentali restano soltanto Cipro e Rodi mentre i turchi cominciano a rivolgere la loro attenzione verso l'Europa.

Sull'isola si lavora senza soste per costruire bastioni e torri, chiese e splendide case. Rodi diviene una cittá fortificata ma, al tempo stesso, elegante e confortevole. Le veloci galee compiono, intanto, continue scorrerie: insidiano le rotte commerciali delle navi della Mezzaluna arrivando spesso a minacciare, con fulminee incursioni, i centri abitati delle coste turche.

Anni di grande fervore, durante i quali l'Ospedale rafforza le strutture organizzative. Dal 1396 al 1437 i Gran Maestri Filiberto de Naillac e Antonio Fluvian dedicano mezzi ed energie per accrescere le capacità difensive della loro roccaforte, convinti come sono che quanto prima Rodi dovrá affrontare attacchi ben piú massicci di quelli che ha giá subito. Un'opera di potenziamento per la quale il Gran Maestro Antonio Fluvian offrirá le sue ricchezze. Sará con la sua ereditá che verranno erette chiese e sará costruito un nuovo ospedale.

Il nemico non si fa attendere. Nel 1440 sono gli egiziani a sferrare una violenta offensiva ma, guidati dal Gran Maestro Giovanni de Lastic giunto appena in tempo dall'Europa, i Cavalieri li respingono nel corso di una sanguinosa battaglia al termine della quale inseguono le navi nemiche fin lungo le coste dell'Anatolia. Nel 1444 sono i turchi ad azzardare I'impresa, ma anche il loro tentativo fallisce.

Senza soste, dunque, l'attivitá militare se si considera che i vascelli della Religione partecipano anche a tutte le spedizioni che le nazioni cattoliche, esortate dai vari Pontefici, organizzano di tanto in tanto contro l'Islam.

Nel 1453 Maometto II conquista Costantinopoli e la Cristianitá atterrita volge lo sguardo verso oriente dove, in pochi anni, il sultano turco occupa il Peloponneso, Trebisonda, Mitilene, l'Eubea, parte dell'Albania, le colonie genovesi della Crimea, piega la Serbia e impone il suo tributo a molte nazioni.

A sbarrargli il cammino verso l'Europa c'é, ormai, soltanto un'isola. Un piccolo ostacolo che puó essere facilmente superato e Maometto II dichiara che a quel nemico, che osa sfidare la potenza della Mezzaluna, sará opportuno dare una solenne lezione che serva di monito a tutto l'Occidente. Una minaccia che non tarda ad attuare.

All'alba del 23 maggio del 1480, centosessanta navi fanno la loro apparizione davanti a Rodi e centomila uomini sbarcano rapidamente, trascinando un numero mai visto di cannoni. Uno dei piú grandi assedi della storia ha cosí inizio.
Il Gran Maestro Fra' Pietro d'Aubusson ha previsto da tempo le mosse del nemico e ha giá ordinato la mobilitazione di tutte le forze a sua disposizione. Ha inviato messaggeri ai principi europei con la richiesta di uomini e mezzi, ma ha ottenuto soltanto promesse o risposte evasive. Unico aiuto, quello portato da un italiano, Benedetto della Scala che comanda un contingente di uomini armati a sue spese. Con lui c'é anche il fratello del Gran Maestro, Antonio d'Aubusson.

I turchi non perdono tempo. Nel tentativo di demoralizzare i rodioti, investono anche l'abitato con una pioggia di proiettili, ma rifugi adeguati a proteggere i bambini, i vecchi e gli ammalati sono stati approntati per tempo. E il 24 maggio, concluso il massiccio bombardamento, i comandanti ordinano il primo assalto. Sono convinti di avere rapidamente ragione degli assediati, ma la tenacia dei Gerosolimitani smentisce le facili previsioni del sultano e l'assedio si protrae per due mesi. Il 27 luglio i musulmani sferrano quello che nei loro piani, dovrebbe essere l'attacco definitivo. Piú di 3500 proiettili sono caduti sulla cittá nel corso del cannoneggiamento che é durato settimane e che ha ridotto alcuni punti della cinta muraria a un cumulo di rovine.

Ed é contro quei varchi che il comandante delle fanterie, il rinnegato Nisha Paleologo, impiega le sue truppe migliori: 2500 giannizzeri e altre migliaia di soldati circondano la Torre d'ltalia e piantano sugli spalti le bandiere del profeta. Tutto sembra perduto, ma la reazione é immediata. Guidati dal Gran Maestro, i Cavalieri affrontano in un cruento corpo a corpo il nemico che, alla fine, é costretto a retrocedere. Nonostante le numerose ferite riportate, Fra' Pietro d'Aubusson non si stanca nell'esortare i suoi a respingere gli avversari che tornano piú volte alla carica.

Una sanguinosa giornata il cui esito, insieme con la notizia di un imminente arrivo di rinforzi, induce il Pasciá Paleologo a rinunciare all'impresa. La tracotanza musulmana si é infranta contro quella piccola isola e l'Europa puó guardare con rinnovata speranza alla Sacra Milizia, come all'unico baluardo contro l'Islam. Maometto II deve amaramente ammettere, che un pugno di uomini é riuscito a battere l'impero degli Onsmalli. Una sconfitta alla quale non riuscirá mai a rassegnarsi e che vorrá ricordata sulla sua tomba, sulla quale fará scrivere: «Volevo conquistare Rodi e l'Italia».

All'indomani della vittoria, i Gerosolimitani sono nuovamente al lavoro per ricostruire la cittá e le mura devastate dalle artiglierie. La loro missione è quella di combattere gli infedeli e sanno che le occasioni non mancheranno.

Per volere del papa Alessandro VI, fra il 1499 e il 1503 viene costituita una Lega della quale fanno parte la Francia, la Spagna, il Portogallo e Venezia. L'Ordine affianca le sue galere alle navi dell'armata cristiana: grandi i progetti, lodevoli le intenzioni ma modesti i risultati e, alla fine, sará lasciato solo ad affrontare l'eterno avversario.

Convinti di sorprendere gli Ospedalieri, i turchi riprovano ancora nel 1503. Sperano di sfruttare la sorpresa, ma l'immediata risposta li costringe a ritirarsi con gravi perdite. In Europa, intanto, le continue lotte tra le varie nazioni finiscono per indurre alcuni stati a rivedere la propria posizione nei confronti dell'lslam e, in piú occasioni, la Francia cristiana stringerá alleanza con i turchi. Anche Venezia, preoccupata per i suoi commerci, intrattiene cordiali rapporti con Costantinopoli e biasima, attraverso i suoi ambasciatori, l'ostinata volontá dei Cavalieri a opporsi allo strapotere musulmano nel Mediterraneo, considerando esagerate certe loro preoccupazioni circa il pericolo di una eventuale offensiva contro l'Occidente.

Ma nel 1520 sul trono degli Onsmalli sale Solimano II, un giovane ambizioso e geniale: per l'Europa sará il Magnifico, per l'Islam il Legislatore, per gli Ospedalieri un nemico spietato. Ha le idee chiare e la sua prima mossa é quella di conquistare Belgrado: ormai padrone dell'Ungheria, puó minacciare facilmente l'Europa via terra. L'altro baluardo cristiano é sul mare: i Giovanniti non gli permettono di consolidare la supremazia della sua flotta e pertanto vanno eliminati. Il destino dell'Ospedale é deciso: Solimano ordina ai suoi generali di attaccare.

La notizia non sorprende il Gran Maestro Fra' Filippo de Villier de l'Isle Adam che dispone in tutto di seicento confratelli e 5000 uomini. Presentendo il pericolo ha inviato richieste di aiuto a tutti i sovrani cattolici, ma nessuno si é detto disposto a fornire rinforzi.

L'Ordine é solo di fronte all'impero ottomano. Invano il Papa Adriano VI esorta i principi ad accorrere in soccorso dei Gerosolimitani. I suoi appelli restano inascoltati, mentre sull'ultima roccaforte cristiana sta per abbattersi una tempesta di fuoco.

La mattina del 6 giugno del 1522, gli uomini di vedetta sulle torri si sentirono mancare il cuore alla vista della flotta che si andava delineando all'orizzonte. Centinaia di navi cariche di armati si avvicinavano lentamente. Riuniti i Cavalieri, il Gran Maestro ricordó con brevi parole l'impegno assunto al momento di indossare l'abito gerosolimitano: combattere gli infedeli anche a costo della vita e dimostrarsi degni del privilegio di appartenere alla Sacra Milizia.

Ma lo spettacolo delle fortificazioni che si stagliavano contro il cielo, doveva destare non poche preoccupazioni anche tra le fila degli attaccanti. Una doppia cinta di mura, saldamente collegata alla roccia naturale e a picco sull'acqua, correva intorno alla cittá e, a rafforzarla sui tre lati, verso la terraferma, c'era un fossato profondo tra i sessanta e i centoquaranta piedi. La cerchia incorporava tredici torri e la cittá era dominata dall'alto campanile della chiesa di San Giovanni. Ovunque cannoni pronti a far fuoco.

In quanto a determinazione, il Gran Maestro ne dá subito una eloquente dimostrazione: Filippo De Villiers de I'Isle Adam ordina di incendiare le ville e le residente estive per evitare che nei lussureggianti giardini, ricchi di piante esotiche, i nemici possano trovare nascondigli. E per dare l'esempio, dispone che l'opera di demolizione cominci dalla sua splendida dimora. Terra bruciata anche dentro le mura, in attesa dell'avversario.

Intanto la morsa si stringe. Migliaia di schiavi sbarcano dalle navi artiglierie di ogni calibro, mentre le colline circostanti si coprono di vessilli e di tende multicolori. Quando i turchi aprono il fuoco, l'isola pare incendiarsi. Dalla cittá i cannoni rispondono e le torri, riferisce uno storico, sembrano emergere da una nuvola di fumo. Dalla parte degli ottomani stanno il numero, la potenza, la formidabile organizzazione militare e il fanatico disprezzo della propria vita e di quella altrui. Sul fronte dei Giovanniti, il coraggio gioioso della Fede e il genio di un Cavaliere: Gabriele Martinengo, il piú famoso ingegnere di assedio del tempo. Ha lasciato Candia dove era al servizio della Serenissima, per raggiungere i confratelli e mettere a loro disposizione tutte le astuzie che le sue geniali capacità tecniche gli suggeriscono.

Il duello di artiglierie si protrae ininterrottamente per giorni e giorni. Poi, il 26 giugno, le truppe ottomane si preparano per il primo assalto. Lungo gli spalti i Gerosolimitani attendono il nemico. Sulle armature portano la veste da battaglia: la dalmatica rossa con la grande Croce bianca. Spiccano tra la massa e sono ben visibili anche da lontano. La loro stessa presenza, la vista della loro uniforme, bastano a rendere furiosi gli ottomani. Prima di raggiungere il proprio posto sulle mura, hanno ascoltato la Messa nella cattedrale di San Giovanni. Un giorno come gli altri, iniziato con la celebrazione del sacro rito. Ma quella mattina c'é con loro tutto il popolo di Rodi. Pescatori, contadini, gente semplice che si stringe intorno a quegli nomini che ha imparato a stimare e che per tanto tempo hanno difeso la loro libertà, le loro case e che della loro isola hanno fatto una patria rispettata e temuta.

Nel campo turco si é convinti che il lungo bombardamento abbia fiaccato la resistenza degli assediati e non si esclude la possibilitá che quella sia la giornata decisiva.

Preceduti dall'assordante frastuono dei tamburi e dalle grida dei comandanti, migliaia e migliaia di turchi marciano verso le mura. Ma percorse alcune centinaia di metri, quella massa umana sembra vacillare sotto i colpi di artiglieria che aprono tra le sue file vuoti spaventosi. E nonostante la valanga di fuoco e di pietre che precipita dall'alto, la marea brulicante raggiunge i bastioni e ne tenta la scalata.

É un massacro. Malgrado gli incitamenti e le minacce dei comandanti, l'esercito si ritira abbandonando sul terreno con migliaia di uomini, la speranza di concludere rapidamente l'assedio. Una giornata epica, alla fine della quale i Cavalieri ringraziano, nella cattedrale di San Giovanni, la Vergine del Fileremo loro protettrice. Nelle strade la gente festeggia la vittoria, ma l'assedio é appena cominciato e gli ottomani torneranno presto all 'assalto.

Innumerevoli gli attacchi dei duecentomila uomini che circondano Rodi. Ma ogni tentativo risulta vano e con il passare dei giorni le truppe cominciano a rifiutarsi di combattere. E' in gioco il prestigio stesso dell'lslam e per risolvere la delicata situazione, Solimano, informato della situazione, decide di assumere personalmente il comando delle operazioni. E il 28 agosto arriva con una nuova flotta. Porta con sé altri soldati e nuove artiglierie di una potenza fino a quel momento sconosciuta.

Nonostante tutto Rodi resiste. Il 4 settembre con una mina gli attaccanti riescono a far saltare una parte del bastione della Lingua d'lnghilterra e intorno a quella breccia la lotta si accende furibonda. Respinto a prezzo di grandi sacrifici, il nemico torna ancora il 24 settembre. Sará una delle giornate piú drammatiche: i caduti dalla parte dei turchi sono, secondo i cronisti del tempo, quindicimila. Un vera e propria strage.

Anche nella cittá la situazione si fa sempre piú grave. Le provviste cominciano a scarseggiare e la gente é sfinita mentre da Costantinopoli continuano ad arrivare rinforzi.

Seguono giorni difficili per gli assediati e all'alba del 17 dicembre, Solimano sferra l'assalto decisivo. Dopo ore e ore di lotta disperata, i giannizzeri superano la cinta di mura, ma con un ultimo sforzo il Gran Maestro e i confratelli superstiti riescono a ricacciarli indietro. Ormai é inutile continuare a lottare e i rodioti chiedono di trattare la resa con Solimano. Anche se ridotti a un centinaio, i Cavalieri respingono sdegnosamente una simile soluzione, ma Fra' Filippo Villier de l'Isle - Adam conosce l'atroce destino che, in caso di ulteriore resistenza, i conquistatori riserverebbero alla popolazione. Profondamente impressionato dal coraggio degli avversari, il sultano riceve il Gran Maestro con grande deferenza. Sa che Rodi é allo stremo, ma non dimentica che anche il suo esercito é molto provato e che la lotta potrebbe durare ancora giorni e giorni. E Solimano accetta le condizioni proposte: la cittá e la popolazione saranno risparmiate, ai Giovanniti consente di portar via quanto posseggono e assicura loro l'onore delle armi. Si permetterá, infine, ai rodioti che lo vorranno, di seguire i Gerosolimitani nel loro esilio.

Il 24 dicembre, dopo sei mesi di combattimenti, i turchi entrano a Rodi e all'alba del 10 gennaio (secondo alcuni cronisti la partenza avviene il 2), l'Ordine dell'Ospedale lascia la terra che per piú di due secoli é stata la sua patria. Sulle navi che prendono lentamente il largo, non sventola il rosso vessillo della Religione, ma un drappo bianco sul quale spiccano, ricamate in oro, l'immagine della Vergine e una scritta: «Afflictis Tu spes unica». Una scelta dettata dalla profonda devozione alla Madre del Salvatore ma nello stesso tempo, una denuncia contro la Cristianitá che ha abbandonato i suoi figli nel momento supremo.