RECENSIONE

A cura di Carlo Marullo di Condojanni

 

 ORDINE DI MALTA

“Criteri d’Identità e impegni di vita”

Quaderni di spiritualità n.5 - Copygraf-Roma-2005

 

Da tempo fra i Cavalieri di Malta, si sentiva la necessità di un messaggio di “Spiritualità Melitense” rivolto a tutte le componenti dell’Ordine, quale interpretazione delle linee di  spiritualità Cattolica propria degli Ordini Religiosi di Santa Romana Chiesa.

Indiscutibile merito, quindi, a  S.E. Acerbi Prelato dell’Ordine, per avere voluto coordinare il lavoro che oggi vede la luce sotto il titolo summenzionato,  distribuito in Italia a tutti i Cavalieri  che certamente lo terranno come riferimento di indirizzo spirituale per le quotidiane devozioni in ossequio al proprio stato e grado di appartenenza all’Ordine di S. Giovanni.

Un tentativo di serio coordinamento, quello del Prelato, per ridonare motivazione e attualità ai Carismi quasi millenari dell’Ordine di Malta, in vista delle nuove sfide che costantemente vengono lanciate.

Un tentativo coraggioso, in un momento certamente delicato, per fugare dubbi e incertezze sul ruolo della Religione di San Giovanni, indicando come l’Ordine stesso, con umiltà, possa mettersi sempre più al servizio della Chiesa e del Santo Padre in ordine ai grandi problemi emergenti, particolarmente cari al Suo cuore, quali ad esempio la rievangelizzazione dell’Europa.

Proprio nell’introduzione, Acerbi non manca di sottolineare come il senso della vocazione nell’Ordine sia argomento di rinnovato interesse per l’occasione che offre di fornire riferimenti carismatici per la crescita verso la perfezione Cristiana, come anche l’esortazione del Cardinale Pio Laghi, che impreziosisce l’edizione, ricorda ai Cavalieri che la loro spiritualità deve essere intesa nel senso della piena  devozione al Mistero della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia.

Notazione questa quanto mai opportuna ed in piena sintonia con il pensiero di S.S. Giovanni Paolo II, di venerata memoria, che proprio nel Giovedì Santo del 2004 indirizzò ai Vescovi ed ai Sacerdoti l’Enciclica “Ecclesia  de Eucaristia” in cui è ripreso l’insegnamento del Concilio Tridentino secondo il quale  “il sacrificio della Messa rende presente il Sacrificio della Croce non aggiungendosi né moltiplicandolo”.

Opportune e lungimiranti, quindi, le considerazioni del Cardinal Patrono che spiegano come l’esortazione conclusiva del Pontefice sia particolarmente attinente ai membri dell’Ordine di Malta che nei tre ceti devono vivere l’Eucaristia nella sua integrità : “sia nell’evento celebrativo, sia nell’intimo colloquio con Gesù, appena ricevuta la comunione, sia nel momento orante dell’adorazione eucaristica al di fuori della Messa”.

 Il libro, come già l’introduzione anticipa, considera gli impegni Religiosi e Spirituali dei  membri dell’Ordine di Malta distinguendo i tre Ceti: quello dei Cavalieri di Giustizia, dei Cavalieri di Obbedienza e quello dei membri del  III Ceto.

Per i primi sono importanti le parole che Mons. Scarabelli scrive nel I capitolo, intitolato “spiritualità dei Professi”, sottolineando come al religioso viene richiesta continuità e profondità nella preghiera, frequentazione quotidiana dell’Eucaristia, ricorso frequente alla                                                                                                           riconciliazione, esercizio della pietà filiale per Maria Santissima, accoglienza della esemplarità dei Santi e, soprattutto, “devozione amorosa particolarmente a coloro che hanno militato nello stesso Ordine con fidente appartenenza alla Chiesa Madre e Maestra, garanzia indefettibile delle Verità rivelate.”

In aggiunta, l’esercizio della fraternità tra i Professi dell’Ordine e la loro cosciente responsabilità verso i membri del II e III Ceto ai quali devono essere di esempio, cercando di incarnare i valori evangelici testimoniati da tradizione ed attualità del Carisma.

Spetterebbe quindi al Gran Maestro ed ai Membri Religiosi la operatività nella Carità:il Cavaliere di Giustizia dovrebbe essere

Lui stesso Misericordia per tutti gli uomini, riconosciuti  fratelli in Cristo  Gesù, “mitis et humis, longanimis, patients, et multimi misericors”, se non si vuole correre il rischio concreto del tradimento del giuramento.

Opportunamente, anche il carisma della “Tuitio Fidei” viene esaltato da Scarabelli ed attualizzato nella necessità che i Cavalieri di Giustizia letteralmente “professino” la Fede utilizzando tutti i mezzi della comunicazione e tutti i livelli, avendo presente l’icona di S. Giovanni Battista che apertamente dichiara la sua strutturale funzionalità a Cristo: “Oportet illum crescere, me autem minui”. Sempre!

Non meno interessante il II capitolo che tenta di indicare la via della vocazione per il terzo Millennio ai Cavalieri di Giustizia.

A scrivere è il Gran Priore d’Inghilterra, Frà Matthew Festing il quale, certamente condizionato dalla propria esperienza personale, mette a fuoco la figura del “religioso laico” descrivendo la vita spirituale in un contesto di intenso percorso guidato dall’Onnipotente.   Festing indica ai professi i punti di riferimento: la conoscenza dei documenti costituzionali e le raccomandazioni spirituali, chiudendo con cenni alla storia nella quale il religioso ed il guerriero convivevano così come, oggi, un Cavaliere Professo deve tendere ad essere  uomo del suo tempo nel rispetto della tradizione,  tenendo ben fermi i principi ed i valori che pregnano la Religione di S. Giovanni  (vedi i salmi 144-145,118-117, 91-92 e sgg.).

Una via certamente percorribile che lo stesso Festing intravede ed indica opportunamente per l’accrescimento delle vocazioni melitensi.

Di grande interesse il III capitolo riguardante il II ceto  e le innovazioni introdotte con le modifiche costituzionali del 1997, che permettono tra l’altro l’accesso delle Dame al ceto di obbedienza.

L’autore, Fr. Costantino Giovanni Gilardi. spiega come obbedire si debba tradurre in spirito di maggiore servizio per difendere la Fede ed aiutare i Poveri.

Il Cavaliere di  Obbedienza quindi dovrebbe  interpretare lo Spirito dell’Ordine e trasferirlo nell’ambito delle sue opere, avendo ben presenti  i carismi “Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum”.

Particolarmente opportuna la citazione ed il riferimento al discorso di SS Giovanni Paolo II  in occasione del Giubileo Melitense del 24 Giugno 1999:“…Voi siete ben persuasi che la difesa e la testimonianza della Fede costituiscono la base dell’evangelizzazione e volete offrire il vostro contributo perché il messaggio evangelico continui ad illuminare anche il terzo millennio dell’era Cristiana ormai imminente…”(1).

Parole tutte da meditare e che invitano tutto l’Ordine di Malta ad una “nuova fantasia della carità” nel culmine del percorso simbolicamente scandito dai 900 anni di vita ed interpretato come occasione di riconoscimento di servizio e testimonianza di presenza attiva a fianco della Chiesa e nella fedeltà alla Persona del Romano Pontefice.

Gilardi conclude con utili indicazioni in merito all’uso dei beni temporali da parte dei Cavalieri di Malta che vogliono attuare lo spirito del Vangelo, sul significato dello scapolare portato dai cavalieri di Obbedienza e sulla funzione dell’anno di preparazione.

Assolutamente tecnico l’intervento del reggente del Sottopriorato tedesco di San Michele Johannes Heereman, che partendo dal Vangelo di Marco (14-17): “I poveri infatti li avete sempre con  voi”,  disquisisce anch’egli sull’ “Obsequium Pauperum e la Tuitio fidei”.

Si ricava dal suo scritto la netta percezione che la realizzazione delle finalità dell’Ordine è sancita dall’armonico rapporto dei due carismi, la prevalenza di uno dei quali ne farebbe venire meno la ragion d’essere, per il rischio di trasformarlo in una N.G.O. di “mutuo soccorso”, o in una confraternita di Pii oranti ripiegata su se stessa.

Rischio  estremamente attuale ai nostri giorni in cui se da un lato è ampiamente condiviso e operativo l’obsequium pauperum in tutti i modi e con tutte le risorse  lecitamente disponibili, forse non altrettanto praticata appare la Tuitio Fidei, dimenticando come i Cavalieri del passato non hanno esitato ad offrirsi “usque ad effusionem sanguinis” nella difesa fisica delle popolazioni cristiane e nella difesa della integrità del Credo religioso professato, cosa che dovrebbe essere sentita e praticata da tutti i membri dell’Ordine in tutti i luoghi, nello scritto e nelle conversazioni, difendendo strenuamente la dottrina e facendo continuo apostolato.

Heereman, che da anni seguiamo nella crescita della sua vita, tenta di dare anche una giustificazione alla sempre maggiore presenza dei Cavalieri di Obbedienza nelle funzioni di Governo e operative dell’Ordine, soffermandosi su concreti aspetti della spiritualità in obbedienza legata alle interpretazioni del Vangelo, al rispetto dei sacramenti ed alla testimonianza coerente nel mondo  del lavoro, della famiglia, con attenzione al servizio ai bisognosi, nel rispetto dei superiori, senza trascurare gli impegni di preghiera, quelli verso la Chiesa e nei confronti dei confratelli e consorelle, nel cui rapporto viene sottolineata la possibilità di completamento spirituale insieme ai familiari.

Conseguenza di tali impegni appaiono un miglior servizio alle Opere dell’Ordine ed agli altri membri, che devono essere incoraggiati nelle rispettive vocazioni per contribuire a quella che proprio Hereman chiama : “rianimazione del I ceto”.

L’epilogo dell’interessante articolo consiste in una sintesi rapidissima sulla vita dell’Ordine e sulle sue differenti vocazioni, sempre in  una maggiore aderenza al Vaticano II ed ai fermenti religiosi del post concilio.

Per quanto attiene al terzo ceto, prezioso è l’intervento dell’Abbè Martin che indica la via della spiritualità ai cavalieri che vogliano realmente appartenere all’Ordine ed a cui afferisce il compito della testimonianza di vita esemplare nel rispetto delle regole del Cristianesimo come premessa necessaria alla partecipazione di ciascun cavaliere alle opere dell’Ordine.

Un’ attenzione particolare viene data alla “Tuitio Fidei” da parte di John Bellingham  che nel suo articolo ricorda le origini e confuta lucidamente anche un certo tipo di linguaggio odierno, in rapporto al concetto stesso di Difesa della Fede,  ricordando altresì come in tempi recenti, l’Ordine in Libano non abbia esitato a servirsi sia della presenza fisica in loco, sia di tutta la sua pressione diplomatica per prevenire l’espulsione forzata della popolazione cristiana da parte dei Musulmani, non dimenticando che oggi in molte parti del mondo i Cristiani sono in pericolo solo perché sono Cristiani.

 Il Volume si chiude dopo ulteriori meditazioni e approfondimenti degli argomenti trattati con alcune considerazioni orientate al futuro ed indicate dall’abile penna di Neri Capponi che disserta su due problemi emergenti nell’Ordine: il reclutamento dei Cavalieri Professi e l’identità dei Cavalieri di Obbedienza.

Dopo la necessaria premessa di inquadramento, Neri Capponi paventa il pericolo, sia pure giustificandolo con una ricorrente  elastica valutazione dei requisiti di appartenenza, del    troppo rigore costituito dalle limitazioni che il Professo non nobile ha, con l’esclusione da quasi tutti gli incarichi di governo. Certamente una tale circostanza ostacola il reclutamento tra coloro che non hanno fatto prove di Nobiltà. Nel favorire questi ultimi, e con essi le vocazioni, bisogna però non perdere di vista (ma Capponi non lo dice espressamente) il carattere nobiliare dell’Ordine, se non si vuole correre il rischio della perdita di valori storicamente certi e sicura garanzia di selezione nel prestigio e nella levatura degli aspiranti membri della Dirigenza dell’Ordine. Valori che, pur sempre meno intensi, rappresentano l’unico baluardo allo sgomitare dei tempi moderni per raggiungere distinzione e potere nelle cariche.

Attenzione viene prestata anche agli stili di vita, visto che la regola esclude la vita cenobitica e pertanto il frate della Religione di San Giovanni, non è in condizioni di fare maturare, crescere, e rafforzare   la sua vocazione insieme ai suoi confratelli.

Oltre a ciò consegue la difficoltà di evidenziare vocazioni giovanili per avere le quali forse, sostiene Capponi, si dovrà ripensare a qualche forma di vita comunitaria.

In un recente passato, però, una tale idea, prospettata da più parti, non trovò accoglienza, sebbene vi fosse l’opportunità di utilizzare Forte Sant’Angelo a Malta come prima sede. Le ragioni furono molte e non è certo questa la sede per discuterne. Pur tuttavia un seminario sull’argomento sarebbe auspicabile, anche in considerazione di un maggior coinvolgimento dell’Alto Clero di cui si avverte nell’Ordine di Malta  l’ esigua presenza.

Per quanto riguarda il problema del II ceto, nonostante i molti tentativi effettuati per la definizione della categoria, esso appare ancora con identità incerta, anche per avere nel passato permesso a coloro che vi accedevano dal grado di grazia e devozione il superamento  di quello di onore e devozione, più ambito perché riservato a cavalieri con maggiori prove di nobiltà.

In pratica, si era diffusa l’idea che diventare Cavaliere di Obbedienza  fosse una promozione, come passare da Cavaliere a Gran Croce.

Solo dal 1997 in poi, quando già c’erano circa 300 Cavalieri, oggi tutti in gran parte viventi, si sono delimitate le qualifiche di appartenenza, cancellando le precedenze.

Ciò ha presuntivamente gemmato vocazioni spirituali migliori, con certa riduzione del  rischio di premiare solo l’ambizione umana.

E’troppo presto ancora per parlare di identità definita per questa classe, conclude Capponi nel suo saggio, non essendo ancora assodata, per tale classe, la maggiore gradazione di spiritualità ed essendo invece adombrata la tensione verso ruoli pratici direttivi, in surroga dei professi.

La sentenza l’avremo nel vedere se con una base di 600 cavalieri di Obbedienza cresceranno i Cavalieri di Giustizia o se invece si consoliderà nell’Ordine un governo nel quale le alte cariche disponibili saranno occupate solo dai Cavalieri di Obbedienza, a capo dei pochi professi abili alla gestione dell’Ordine.

Concludendo, testimoniamo ancora una volta a S.E. Acerbi l’apprezzamento per il lavoro svolto che ha il carattere, ripetiamo, di un sincero, serio e coraggioso tentativo di ricordare, trasmettere ed indicare una via per la rinascita spirituale Melitense che non potrà  prescindere dalla letterale ”Presa in mano della Croce” per testimoniare e convertire.

Al lettore di queste pagine raccomandiamo di  procurarsi il libro per una presa di coscienza  con l’autentica spiritualità dei Cavalieri di Malta. Vi troverà regole di vita ed aneliti di preghiera che certamente lo sorprenderanno, arricchendolo.

 A chi  il libro già lo possiede la raccomandazione di leggerlo e di tenerlo con se, a portata di mano, consultandolo nei momenti di serenità o di turbamento,  per trarne elementi di riflessione sul senso delle vocazioni, ricercando tra le pagine gli spunti utili per avvicinarsi di più, e con maggiore intensità, all’Ordine di San Giovanni.                                                                  

 Carlo Marullo di Condojanni

 

 

Nota 1

Allocuzione di saluto di S.S. Giovanni Paolo II ai Cavalieri di Malta in pellegrinaggio

a S. Pietro in occasione della festa di S. Giovanni nella ricorrenza dei 900 anni di vita

dell'Ordine (1999)