Testo integrale, pubblicato in parte in Rivista 1992

FONDAZIONE DRAGAN 31 MARZO 1992

L’Ordine di Malta: future strategie

 

Il mio ringraziamento alla Fondazione Europea Dragan per questo pregevole volume, Signor Presidente, i miei rallegramenti per questa iniziativa, l’occasione da parte mia di salutarla ed anche di lasciarle un piccolo segno del mio passaggio, una riproduzione di una Santa dell’Ordine: Santa Toscana, che vorrà custodire nella Fondazione come ricordo di questa serata.

Saluto il Presidente fondatore, saluto gli amici che qui vedo numerosi e con i quali scambieremo opinioni in merito alla realtà dell’Ordine, oggi, in una prospezione verso il futuro.

Direi di cominciare, se me lo permettete, con una piccola retrospettiva. Infatti, è difficile parlare di future strategie, o di futuro, senza non conoscere al passato ed al presente quel ruolo prodromico che gli spetta in una dignità di evoluzione di eventi della vita che poi, nel caso di istituzioni benemerite, diventano anche eventi storici.

L’Ordine di Malta, come voi avete ascoltato da parte degli illustri oratori che mi hanno preceduto, ha vissuto vicende alterne e da quello che era il piccolo ristretto ambito del Mediterraneo, attraverso il governo di una piccola isola quale è Malta, si è posto nel secolo attuale all’attenzione del mondo intero con orizzonti intercontinentali, con prospettive d’interesse umanitario globale. E’ stata certamente la storia, ma, aggiungerei, anche la provvidenza, a volere ciò. Infatti, ben poco avrebbe significato per l’Ordine oggi avere il governo di un piccolo stato territoriale, mentre invece il suo è diventato un impero della carità su cinque continenti. Quella che al momento dell’occupazione napoleonica sembrò un débacle, in realtà non era altro che la preparazione di un futuro radioso che in questo momento si sta vivendo in una prospettiva di crescita.

Proprio in tale prospettiva di crescita bisogna sottolineare una grande figura di Gran Maestro che, certamente in solitudine, ma con sofferenza e lungimiranza politica, intuì il cambiamento dei tempi, Fra’ Angelo de Mojana di Cologna, il quale nel suo lungo magistero portò l’Ordine dalle difficoltà degli anni 50-60 allo splendore che egli vide alla fine del suo magistero stesso. Il riconoscimento del governo dell’isola di Malta, i rapporti diplomatici con tanti Stati, le opere umanitarie su diversi continenti, le lunghe e faticose visite di Stato che lo portarono nel mondo come missionario della “tuitio fidei” e di “obsequium pauperum”, furono certamente ripagate, per l’Ordine tutto, da quello che fu sempre il più ampio consenso della comunità internazionale, sempre il più ampio consenso di quella che è la realtà romana, in un dialogo franco e costruttivo con la Santa Sede, in un dialogo estremamente utile, con lo Stato italiano del quale il Sovrano Ordine è graditissimo ospite. Proprio Fra’ Angelo de Mojana di Cologna, in un momento particolare della vita dell’Ordine non lontano - siamo nel 1987 - fu protagonista, artefice e, credo proprio per lungimiranza politica, primo attore di quella che oggi è delineata come attività dell’Ordine in una prospettiva di future strategie.

Infatti, in quell’epoca non c’è dubbio che nel mondo dell’Ordine vi fossero molte ansie. E queste ansie erano più da parte delle periferie dell’Ordine, da parte delle Associazioni nazionali, soprattutto, che del centro stesso che, trovandosi in una realtà abbastanza tranquilla, in una Roma serena, probabilmente avvertiva male i fermenti di coloro che, vivendo la religione gerosolimitana, volevano una più ampia partecipazione del mondo internazionale alla vita stessa dell’Ordine. Di queste ansie e di queste istanze furono portatori i Presidenti delle Associazioni nazionali, i quali, in un momento in cui certamente la provvidenza fu ispiratrice, trovarono l’opportunità di rappresentare al Gran Magistero, e al Gran Maestro in prima persona, la necessità di incontrarsi per confrontare le idee, per cercare di stringersi attorno ad un programma che potesse, da una parte, interpretare meglio quelli che nel frattempo erano stati i dettami del Concilio Vaticano II e, dall’altra parte, adeguare l’Ordine e le sue strutture alle esigenze di questi anni ‘90 che ci preparano al 2000.

E Fra’ Angelo de Mojana di Cologna, nell’ultimo anno del suo Magistero, con una sensibilità assoluta e con lungimiranza politica - lo diciamo oggi - convocò, nel novembre 1987, il Seminario per le Future Strategie dell’Ordine che si tenne nel 1988, nel mese di dicembre, quando Fra’ Angelo de Mojana non era più, ma certamente questo gesto coraggioso, questo gesto che turbava la pace, la serenità e la tranquillità romana dell’Ordine, questo gesto che indubbiamente costituiva un pericolo per tutte le incertezze che i movimenti progressisti hanno sempre dato agli organismi che li hanno subiti, rappresenta probabilmente il suo stesso testamento politico, il testamento politico di un Gran Maestro che ha sofferto tanto e al quale noi tutti dobbiamo molto per le realizzazioni nel campo internazionale.

Ma veniamo ai fatti: il Seminario delle Future Strategie dell‘Ordine che nasce nel dicembre 1988. Arrivano a Roma dai cinque continenti i rappresentanti delle varie Associazioni Nazionali, i rappresentanti dei Gran Priori, i rappresentanti di alcuni Enti melitensi, alcuni membri del Sovrano Consiglio, che sin dall’inizio credettero a questo programma. E lì abbiamo avuto una grandissima sorpresa. Quello che era semplicemente un incontro di diverse componenti del mondo dell’Ordine, quello che doveva essere un‘opportunità di scambiare le idee, forse nella prospettiva di rivedersi una seconda volta, in realtà fu il momento della constatazione degli aneliti del mondo internazionale verso l’Ordine, dell’interesse dei membri dell’Ordine verso le prospettive umanitarie, vissuto nelle periferie. Fu una scoperta di uomini! Quelle che all’inizio potevano sembrare 8-10 persone animate da un sentimento di ricerca di linee strategiche per il futuro, diventarono in quella sede circa 80 o 90, e in quella sede, con una delibera di una cinquantina di righe, si decise di costituire dei gruppi di lavoro per approfondire i temi dell’azione futura dell’Ordine. Nasce proprio lì la costituzione di quei sei gruppi di lavoro che, con vicende diverse, hanno portato a risultati concreti, in parte oggi realizzati.

Primo fra tutti questi gruppi di lavoro quello della spiritualità, poi quello relativo alle opere ospedaliere, poi il gruppo della protezione civile, il gruppo del “fund raising” e - aggiungo io - della distribuzione delle risorse e da ultimo, ma non ultimo, il gruppo che doveva studiare gli emblemi dell’Ordine al fine di una unificazione.

Questi gruppi hanno lavorato, con alterne vicende, e con risultati parziali prima, oggi definitivi, hanno rassegnato le conclusioni. Però, nelle more di questo travaglio, sono passati diversi anni, c’è stata certamente una situazione nella quale non si potevano fermare le cose. Il mondo aspettava realizzazioni concrete e con un’adesione totale a questa aspirazione il Gran Magistero ha deciso di dare esecuzione anticipata al programma relativo all’informazione - divenuta poi comunicazione - e al programma della protezione civile.

Per quanto riguarda le comunicazioni, si è agito in una maniera estremamente aperta, invitando gli Enti dell’Ordine a segnalare dei delegati e si è dato corso ad una serie di consultazioni che hanno, poi, portato alla nuova Rivista Internazionale, alla Newsletter che oggi è qui distribuita, al Compte Rendu sulle attività dell’Ordine nel mondo che fu all’origine - mi piace sottolinearlo - dello slancio dei Presidenti, un’idea per conoscere l’Ordine nella sua realtà e, soprattutto, per rettificare quelle distorsioni che certamente venivano da un censimento non perfetto. Non è stata, questa, un’opera facile ed i risultati probabilmente sono ancora parziali, però lo strumento è buono per continuare ad andare avanti.

Nel campo della protezione civile ai diversi livelli si è già data esecuzione alle strategie con tutta una serie di passi che non vi sto a descrivere nei dettagli ma che, per esempio, nel caso del nostro Paese, hanno portato alla stipula di un vero e proprio accordo internazionale con il Ministro della Protezione Civile, in virtù del quale si è regolato il rapporto tra Stato italiano e Ordine di Malta in caso di grandi calamità. Quindi, come vedete per stralcio, una parte delle strategie sono realtà e dobbiamo rendere merito, da una parte, al Prof. Rondi del nostro Segretariato per le Comunicazioni per i pregevoli risultati a cui siamo arrivati e, dall’altra parte, a coloro che si sono occupati della protezione civile per i risultati raggiunti.

Vorrei sottolineare ancora una cosa, con riferimento al problema delle comunicazioni. Il problema delle comunicazioni ci ha dato modo di constatare come fosse importante raggiungere il singolo Cavaliere di Malta e quindi arrivare a lui direttamente con le pubblicazioni stesse o con tutto quello che potesse essere poi necessario. Abbiamo preparato e predisposto un sistema informatico per la Cancelleria al fine di gestire meglio lo schedario dei Cavalieri. Abbiamo trovato la maniera di spedire, credo a 4000 Cavalieri per volta, la Rivista Internazionale al domicilio di ciascun Cavaliere, raggiungendolo direttamente, in modo tale che lo stesso possa avere, da un lato cognizione della vita dell’Ordine, ed eventualmente manifestare le proprie idee se in tali pubblicazioni vi sono delle cose che lo interessano o lo stimolano. Quindi, accanto a questo programma delle comunicazioni c’è stato anche uno sforzo notevole per la ricerca degli esatti indirizzi e gli esatti riferimenti di ciascun membro dell’Ordine. L’operazione si dovrebbe completare entro il prossimo anno e quindi chiaramente, dal punto di vista informatico, il Ruolo dei Cavalieri dovrebbe essere completo, probabilmente, entro il mese di aprile o marzo, con tutto quello che consegue ai fini della distribuzione delle pubblicazioni.

Ma, naturalmente, questo riguarda solo due aspetti. Ci sono altre richieste di evoluzione e ci sono soprattutto numerosi slanci che ci attendono nel campo dell’assistenza sanitaria. Io vi devo aggiornare su quella che è la realtà degli sforzi dell’Ordine nel quadro della politica umanitaria dell’Ordine stesso.

Uno dei presupposti da cui nacque il programma delle strategie fu la constatazione ripetuta di un’assenza di politica sanitaria da parte dell’Ordine, intendendo per politica sanitaria l’immagine in settori d’intervento che per loro natura qualificano l’ente stesso nella sua ragion d’essere. Il problema è stato dibattuto ed il gruppo di lavoro che ha rassegnato le sue conclusioni ha auspicato determinate direttive, che non sono ancora realtà ma alle quali si tende. Le direttive sono queste: lasciare le attività dell’Ordine esistenti lì dove sono ben gestite ad una disponibilità regionale o locale, canalizzare i futuri sforzi dell’Ordine verso due o tre tematiche ben definite (può essere l’impegno che riguarda i Lebbrosi, può essere l’AIDS, può essere il problema dei neurosi), naturalmente da identificare, in modo tale che il volto della sanità dell’Ordine nel mondo abbia uno di questi connotati o due di questi connotati, fermo restando la continuazione delle attività in corso. Il perseguimento dei fini della politica dell’Ordine in questo campo dovrebbe usare due metodologie. La prima metodologia è quella della joint venture, mettersi insieme, frazionando le responsabilità, per realizzare uno scopo. La seconda la possiamo identificare con la parola “partnership”: un Ente dell’Ordine di maggiore importanza prende la responsabilità di un ente minore e, anche in questo caso, in joint venture o senza joint venture, conduce avanti un programma su un’attività inquadrata nella politica dell’Ordine.

Questo, però, non basta; a monte di queste cose bisogna pur prevedere dei centri di coordinamento e di controllo, perché altrimenti i rischi che si corrono diventano enormi. Di coordinamento perché, la dove si vuole realizzare questa politica sanitaria, bisognerà far sì che per territorio o per grande area geografica vi sia un’equa distribuzione delle risorse, cioè vi sia la possibilità di canalizzare, secondo i bisogni, quelle risorse che, se inviate ad un unico destinatario in blocco, finiscono in parte con l’essere perdute, perché certamente, vi faccio un esempio semplice, inviare 70.000 siringhe ad un lebbrosario di 50 persone è un dono, però delle 70.000 siringhe solo 2.000 serviranno, le altre andranno buttate. Quindi il centro di coordinamento, che dovrebbe stare a monte dell’invio degli aiuti, dovrebbe fare in modo che un dono di questo tipo venga frazionato secondo le esigenze che si verificano effettivamente nelle parti territoriali dove si opera. Questo potrebbe avvenire per grandi aree geografiche: per esempio, un centro a Miami per le Americhe, un centro in Europa, un centro per l’Asia e un centro per l’Africa. Questo, certamente, è uno degli obiettivi delle strategie.

In questo contesto si deve inserire anche un ispettorato di controllo, perché l’Ordine, tutte le volte che mette in essere un’attività assistenziale e permette all’emblema che lo identifica di coprire un pacco di prodotti che vanno a destinazione finale, deve essere in condizione di garantire che il prodotto sia di buona qualità. e, soprattutto, che i contenuti siano quelli descritti nei documenti che accompagnano questi doni stessi. Questa è un’esigenza imprescindibile senza la quale si correrebbero dei grossi rischi. A questo hanno pensato le strategie, questo è il programma che, se sarà approvato, l’Ospedaliere dovrà gestire in una logica di funzione del Gran Magistero di puro coordinamento, perché tutte le volte che il Gran Magistero va a gestire delle attività. di tipo sanitario nel mondo, può essere encomiabile, può essere un’occasione che riempie di gioia, però snatura la funzione stessa dell’attività del Magistero, che non è organo di azione ma è semplicemente organo di indirizzo e di coordinamento.

E’ qui il problema istituzionale. La preoccupazione fondamentale delle strategie e di coloro che hanno lavorato a questo progetto è quella di fare delle strategie nelle istituzioni e quindi di far passare quanto di rinnovamento si vuole apportare al filtro dei regolamenti e al filtro delle strutture esistenti, per cui la strategia attraverso le istituzioni viene recepita in una concretezza tale da poter diventare operativa. Sulla aderenza delle strategie alla vita istituzionale dell’Ordine viene spontaneo considerare quanto ancora bisognerà fare per adeguare gli strumenti legislativi dell’Ordine stesso alle nuove esigenze. Ma di questo ne parleremo nella conclusione di questa mia esposizione.

Passiamo adesso all’altro aspetto studiato delle Strategie, che è rappresentato dalla questione del “fund raising” da una parte e dalla distribuzione delle risorse dall’altra. Le prospettive della raccolta dei fondi nel mondo sono ampie. Forse ci sono più soldi di quanto in realtà non si riesca ad utilizzare. Ed è bene che anche questo discorso venga portato avanti secondo linee precise che le strategie hanno identificato. Abbiamo auspicato, nel Gruppo di Lavoro 4, che si proceda a raccolte di fondi a livello locale, a livello regionale, a livello internazionale. Quindi, abbiamo auspicato che ciascuna entità dell’Ordine gestisca le proprie opere nel proprio territorio con raccolte di fondi a livello locale e a livello regionale, mentre invece i progetti internazionali vengano gestiti in un’ottica di servizio realizzata dai centri di coordinamento che ne prendono le responsabilità e quindi conducono le pratiche a buon fine, anche utilizzando i fondi delle cooperazioni nazionali e degli organismi internazionali. Questa è certamente un’ampia prospettiva, che sicuramente sarà affrontata e che, se le strategie diverranno realtà in tale campo, darà sicuramente un nuovo assetto a quello che è il piano d’intervento estero dell’Ordine dal punto di vista umanitario.

Da ultimo, ma non ultimo, lo sforzo dell’Ordine nel programma di strategie per il problema degli emblemi. C’è molta confusione, c’era anche prima, ancora oggi c’è, speriamo che in futuro non ci sia più. Bisogna stabilire quale sia la bandiera da usare da parte degli Enti melitensi, quali siano gli emblemi e i contrassegni che possono essere usati da Ambasciate o Enti melitensi. L’esperienza di chi una volta condusse un’indagine conoscitiva sull’attività dell’Ordine fu sensazionale, perché credo che furono collezionati 13 o 14 tipi di carta intestata con i colori più diversi, tra cui una con un bellissimo verde sulla quale si stagliava una croce con delle fasce o altri simboli. Ecco, l’unificazione del volto estero dell’Ordine è una cosa importante ed a questo stanno pensando - se non hanno già pensato - gli amici dell’Ordine che lavorano al gruppo che si occupa degli emblemi, di contrassegni e dei patronaggi.

Come vedete il panorama è ampio, direi che è globale, ma vi domanderete: “L’oratore ci sta raccontando una serie di episodi. Si sono fatti dei gruppi di lavoro, si sono discusse determinate cose, ma in concreto, in pratica quale è il risultato di queste attività e quale è l’obiettivo cui si tende?” La domanda è legittima. Dati per scontati i risultati nel campo delle comunicazioni e della protezione civile, non c’è dubbio che gli obiettivi del programma rimangono fissi. Quali sono? Sono una conclusione delle strategie in un incontro a livello di rappresentanti primari dell’Ordine per mettere in moto un meccanismo che dalla base porti, coscientemente, alla revisione del codice e della Carta dell’Ordine, alla luce del Consiglio Vaticano II e alla luce delle esigenze nascenti da questo movimento, in una visione verso l’anno 2000.

Tutto ciò, naturalmente, non è una semplice enunciazione, è un punto di arrivo, attraverso il quale si pensa di mettere in moto un meccanismo costituzionale che, attraverso il seminario conclusivo delle strategie, quindi con proposte stringate e assolutamente precise, in un’ottica di adesione del Magistero - e non a caso il vertice delle strategie oggi come ieri è la persona del Gran Cancelliere - possa portare ad una serie di proposte al prossimo Capitolo Generale del ‘94 che su questa base di studio possa insediare la Commissione Ristretta, suggerirei ristrettissima, che provveda a licenziare in un anno o al massimo due un progetto di nuovo Codice e nuova Carta, progetto che possa essere discusso in un Capitolo straordinario alla fine del 1995 o ai primi del 1996.

Fantascienza, utopia? Questo ce lo diranno i tempi. Non c’è dubbio che nel mondo di queste cose si parla e la cosa più importante è che di questa cosa si è partecipi. Abbiamo i contatti di ogni giorno, gli incontri con i confratelli che vivono in aree lontane. Abbiamo fatto un primo incontro latino-americano a cui hanno partecipato anche le Associazioni del Nord America, ne faremo un altro nel prossimo novembre; progetti di questo tipo sono stati fatti nell’ambito europeo, con un grande avvicinamento ai Paesi dell’Est. Ancora, nel mondo dell’Asia bisognerà fare sforzi, soprattutto se poi vogliamo svolgere delle attività sanitarie coordinate in qualche modo. La speranza credo che non manchi, quello che necessita è la buona volontà e, soprattutto, bisogna enunciare come la metodologia del movimento delle strategie - come amo chiamarlo - è quella del passo dopo passo, andare avanti nel rispetto di quelle che sono le cose esistenti, non determinare grandi traumi, cercare che gli avvicendamenti avvengano in un quadro equilibrato e, soprattutto, che avvengano in maniera fisiologica, di modo che il cambiamento stesso sia connaturato con quello che è il suo presupposto e che questo sia interpretato da parte di chi a monte ha lavorato nel settore e che quindi deve essere rispettato e mantenuto nella dignità delle cose che hanno portato a questa situazione. Quindi, gestione del programma con molta serenità e con molto equilibrio, là dove è possibile.

Difficoltà: difficoltà ce ne sono e le difficoltà sono rappresentate dalla mancanza notevole di risorse umane. Noi abbiamo fatto queste riflessioni molte volte e siamo convinti che ci sono dei programmi, si possono fare delle strategie, però se le strategie non hanno uomini i programmi restano abbastanza vuoti. Gli uomini sono quello che in questo momento rappresenta il problema e rappresenta soprattutto la nostra grande preoccupazione: perché la formazione dei quadri dirigenti dell’Ordine è cosa recente, è cosa che si sta cominciando oggi e non è facile.

Tutte le volte che abbiamo preso dalla strada un collaboratore - dalla strada si fa per dire - un dirigente, un personaggio che ci serviva in una struttura sanitaria o in una struttura amministrativa, lo abbiamo visto prima o poi “impazzire”, lo abbiamo visto sgretolarsi di fronte a problemi spiccioli, perché in lui mancava la conoscenza dell’Ordine, mancava lo spirito dell’Ordine e quindi anche le personalità più forti di fronte alle esigenze del sacrificio nel quotidiano sono finite col far prevalere aspirazioni carismatiche o col far prevalere arroganze di potere comune che nell’ambito dell’Ordine non trovano fondamento. Ed è proprio qui che l’Ordine soffre il suo dramma. L’Ordine deve costruire i suoi quadri dirigenti in una logica di crescita che sia armonica ed equilibrata.

Proprio per questa crescita armonica ed equilibrata non può prescindere dal creare occasioni di incontro con quei Cavalieri che siano disponibili nel mondo, subito, cercando di avvicinarli, perché per loro sarà più facile comprendere ed essere utili e in via mediata per il prossimo decennio addirittura avvicinare e formare, in un vero e proprio centro di formazione di quadri dirigenti, che amerei più chiamare quadri di servizio, quegli uomini che potranno, poi, prendere la responsabilità delle attività dell’Ordine del mondo.

Qui vorrei tornare indietro ad un argomento che solitamente ho sempre trattato per primo, ma che qui devo trattare per ultimo, perché chiude il circolo di tutte le cose che ho fin qui detto ed è il riferimento costante e preciso alla vita religiosa e spirituale dell’Ordine. Tutto ciò che noi abbiamo detto non avrebbe gran senso dirlo in questo modo, o proporlo in questo modo, se noi non parlassimo di un Ordine che ha continuità religiosa dal momento della sua fondazione ad oggi. Un Ordine che, però, ha vissuto vicende politiche diverse, un Ordine che si è dovuto adattare a situazioni territoriali diverse, a spirito internazionale odierno assolutamente non paragonabile a funzioni di altri Organismi.

Proprio perché l’Ordine di Malta è Ordine religioso, proprio perché l’Ordine di Malta è Ordine laicale, proprio perché è Ordine militare, proprio perché è Ordine nobiliare, le cose ed i metodi che abbiamo indicato appaiono congeniali. Questi metodi non sarebbero congeniali per una qualunque società o per una holding. Allora, se le occasioni di servizio noi le inquadriamo in una situazione nella vita dell’Ordine stesso, e definiamo il motivo per il quale i membri dell’Ordine stesso sono entrati, tutto diventa più chiaro, come più chiaro diventa lo sforzo delle strategie nel volere ricercare nuove linee di spiritualità. Infatti, credo - e non me ne vogliano i Professi presenti - che poco ci sia da aggiungere alle direttive di spiritualità che sono sempre state date ai Cavalieri Professi dell’Ordine.

Si possono fare delle raccomandazioni, ma oltre questo non credo che ci sia altro da aggiungere. Mentre invece c’è da scrivere, e soprattutto da far rispettare, le regole della spiritualità del mondo laico dell’Ordine, un mondo dove i laici sono numericamente migliaia e questi laici devono avere quella spiritualità che dovrà essere indicata nel rispetto della loro funzione di appartenenza all’Ordine.

E qual è la funzione dell’appartenenza all’Ordine per il Cavaliere, soprattutto laico?

Innanzitutto, la testimonianza con la propria vita e nella propria esistenza di vita cristiana, nel senso più alto della parola. Il laico è anche un ottimo missionario e sottolineo in questo senso le grandi possibilità dell’Ordine che, attraverso i laici, riesce a penetrare in quegli ambienti dove molto spesso il frate con la S. Messa o il sacerdote entrano con difficoltà.

Allora, attraverso questa formazione di tipo spirituale religioso del laico dell’Ordine, quale grande strumento potrebbe diventare la nostra istituzione nel rispetto della “tuitio fidei” nei confronti delle sette religiose che affliggono il Sud America e parte dell’Africa. Quale nuova missione si apre in un campo di strategie della spiritualità, se noi portiamo nell’ambito del laicato dell’Ordine quello spirito e quella formazione che sono dovuti a chiunque, per un motivo o per l’altro, nella vita, incontri un ordine religioso come il nostro. Queste sono prospettive che ritornano anche sul piano operativo, lì dove noi parliamo di quadri dirigenti.

Infatti, proprio per i quadri dirigenti, credo che sia indispensabile pensare a vertici strettamente legati alla vita religiosa e, perché no, agli stessi Professi, nelle opere ospedaliere. Quale persona più indipendente, e quindi che non persegue interessi momentanei e terreni, c’è nell’Ordine se non il Professo, di per sé chiamato a vita religiosa?

Se i nostri ospedali un giorno potranno essere tutti con un vertice religioso all’interno, questa sarà una grande meta, e se sotto questa meta, che tra l’altro diventa anche immagine, ci potessero essere dei Cavalieri laici operativi, i quali formati, perché no, anche a Forte Sant’Angelo, dove speriamo di creare un centro di formazione dei quadri dirigenti nel tempo, fossero aiutati dai nostri Professi, sono sicuro che il gesto certamente lungimirante di Fra’ Angelo de Mojana del 1987 e l’accorata assidua partecipazione dell’attuale Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie al programma delle strategie non saranno, state vane.

E se, anche confortate da un nuovo Codice, una nuova Carta Costituzionale, si potessero aprire le prospettive dell’arricchimento delle istituzioni, con visioni di un laicato attivo, fattivo, ma soprattutto responsabile, allora veramente questi due Gran Maestri che, per motivi diversi, si sono incontrati su questo programma potrebbero seguire una saldatura storica nell’afflato comune di sostegno per l’Ordine tutto, le cui prospettive, ieri come oggi, sono luminose e il cui avvenire io non posso che affidare ancora una volta alla Santa Vergine di Fileremo e a San Giovanni Battista protettore dell’Ordine, che sempre e in ogni giorno io mi auguro vorrà assisterci per tutte le mancanze e per tutte le deficienze nelle quali anche noi Cavalieri con grandi o piccole responsabilità possiamo incorrere.

Grazie ancora Presidente per questa occasione di servizio.