LEZIONE AULA MAGNA UNIVERSITA’ CATTOLICA DI MILANO

“IL SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA

NELLA SOCIETA’ INTERNAZIONALE”

4 marzo 1999

                                                                                                                                                                                               

 

  New York. Il Conte Don Carlo Marullo di Condojanni al seggio dell'Ordine nella sede delle Nazioni Unite, in occasione dell'insediamento dell'Ordine come Osservatore all'Assemblea Generale nel 1994.

 

L’Ordine di Malta nasce in un momento storico particolare per la necessità di assiste­re e difendere i pellegrini in Terra Santa dagli attacchi degli Infedeli e, già nella sua composizione originaria, accomuna persone di nazionalità diverse, che si uniscono a difesa della cristianità.

Questa internazionalità è certamente alla base della funzione politica che negli anni l’Ordine ha svolto insieme alla sua originaria vocazione ospedaliera. Attraverso le vicende politiche, l'Ordine, infatti, diventò presto il punto di incontro per i rappresentanti di potenti case regnanti, i quali, uniti dalla comune azione in difesa della fe­de e del Mediterraneo, non di rado erano in lotta tra loro per affermare la propria egemonia in Europa.

In tal senso può ben parlarsi dell’Ordine quale primo esempio di quegli organismi sovranazionali e multilaterali che sono stati creati in questo secolo al fine di cercare soluzioni proprio in quei casi in cui, come già all’epoca, l’unica realtà esistente è quella della forza.

Se guardiamo a questa missione che l’Ordine ha svolto per molti secoli nella sua sede di Rodi e poi soprattutto in Malta, ci rendiamo conto di come la sua sopranazionalità, all’origine dovuta esclusivamente al carattere unitario della lotta per la conquista della Terra Santa, ha poi permesso all’Ordine stesso di godere di una posizione assai privilegiata, perché il dibattito interno sui modi e mezzi con i quali perseguire le finalità istituzionali, assu­me connotati e riceve contributi ben più ampi di quelli che possono maturare all’interno dei singoli Stati, dei singoli Paesi, che certamente hanno forze maggiori, ma spesso subiscono anche vincoli molto stretti, dovuti alla realtà interna di tipo politico o di tipo corporativo, che impedisce iniziative adeguate al volgere dei tempi.

Dunque l’Ordine di Malta, che con questo suo passato illustre fatto di tante opere, di tante battaglie, di tante azioni diplomatiche, di grandissima vicinanza sempre alla Santa Se­de, a un certo punto della sua storia è distrutto dal ciclone napoleonico. Con la perdita di Malta tutto sembrava compromesso definitivamente. Sennonché l’Ordine riuscì a trasforma­re questa sconfitta in una vittoria, in una rigenerazione, sublimando l’originaria vocazione militare, così dando nuovo significato e nuova forza agli ideali del servire cristiano e dell’aiuto ai bisognosi.

Il segreto di questa metamorfosi è stato innanzi tutto proprio quello della perdita del territorio maltese. I giuristi che hanno studiato lo status dell’Ordine ritengono, in verità, che esso sia sempre stato un ente non territoriale e che la sua relazione con Rodi prima e con Malta poi sia da qualificarsi, in termini moderni, come un’unione personale, riunendosi nella medesima persona fisica del Gran Maestro le funzioni di Capo dell’Ordine e di Capo dello Stato, tanto ciò è vero che il Gran Maestro intratteneva rapporti paritetici con l’Imperatore e con il Papa pur dopo la perdita di Rodi. Ciò che gli permise, appunto, di unire a sé il principato maltese, concludendo un accordo con Carlo V° nel 1530.

Tuttavia che cosa sarebbe stato l’Ordine di Malta se fosse rimasto legato ad una pic­cola isola nel Mediterraneo, piccola isola che ha dovuto affrontare le grandi tempeste dell’ultima guerra mondiale, in particolare? Senza dubbio sarebbe stato imbrigliato in una politica basso-mediterranea, con conseguenze certamente limitanti, che non avrebbero per­messo di raggiungere l’attuale proiezione mondiale.

Ma la perdita di Malta si é rivelata provvidenziale anche da altro punto di vista. Co­me è noto nel 1802  il Congresso di Amiens aveva bensì previsto la restituzione dell’Arcipelago maltese, ma a condizione che l’Ordine si trasformasse profondamente, rinunziando in buona sostanza alla sua struttura sovranazionale e alla distinzione tra cittadi­ni istituzionali (i membri dell’Ordine) e cittadini territoriali (i nativi di Malta), su cui era ba­sata l’unione personale di cui si è detto.

Una trasformazione inaccettabile, che si sarebbe posta in contrasto con le idealità dell’istituzione. Fu la Provvidenza Divina che suggerì ai Cavalieri di respingere quella solu­zione politica e di prendere atto al Congresso di Vienna del 1815 della definitiva attribuzio­ne all’Inghilterra della sovranità sulle isole maltesi. Anche in questo caso la sconfitta, questa volta politica, si trasformò in vittoria, con l’approdo a Roma e l’ospitalità offerta dal Pontefice.

Il significato dell’arrivo a Roma non è assolutamente trascurabile, perché in nessun altro Paese l’Ordine avrebbe potuto trovare quel clima particolare, vicino alle sue origini, che gli permise di riorganizzarsi, ritrovando non soltanto i suoi valori, ma la sua casa, quel palazzo di Via Condotti che altro non era se non l’Ambasciata presso la S. Sede. In tal modo da quel giorno l’Ordine potenziò le sue opere e la sua presenza nel mondo, così unendo alla struttura sovranazionale il carattere dell’internazionalità dell’azione umanitaria.

Internazionalità che l’Ordine manifesta in due direzioni: quella diplomatica, nei rap­porti con gli Stati e quella umanitaria al servizio dei popoli, nello spirito della cristianità, vi­cino e fedele alla Santa Chiesa Cattolica, una fedeltà assoluta ai suoi principi, sempre confermata nel corso della sua storia plurisecolare.

Sul piano diplomatico il fatto di aver allacciato rapporti paritetici con ben 81 Stati dimostra senza alcun dubbio di quale prestigio l’Ordine goda nel mondo, al di là delle ideo­logie e della fede professata, se si considera che ottimi rapporti diplomatici sussistono con Cuba e con paesi di religione prevalentemente non cattolica, quali la Thailandia, l’Egitto, il Libano e molti dei Paesi africani.

L’attività diplomatica, funzionale dunque al servizio delle proprie iniziative umanitarie è favorita, ancora una volta, dal fatto che, non avendo territorio in sovranità né dunque cittadini, la diplomazia melitense non ha una diplomazia nazionale, per cui l’Ordine ha necessità, ma anche la fortuna, di poter utilizzare per il proprio servizio diplomatico persone che provengono da mondi diversi, soprattutto persone che hanno avuto responsabilità in diplomazie ed in organizzazioni politiche le più varie. Si tratta evidentemente di un tesoro che nessuno Stato potrebbe vantare.

Dunque a prescindere dall’arricchimento di idee e di programmi che ciò comporta, il vantaggio di questa libertà di scelta non legata alla nazionalità è nel fatto di poter inviare ambasciatori nei vari Paesi scegliendo in relazione alle loro specifiche competenze. L’Ordine sfrutta pertanto questa esperienza, potendo così sempre disporre di rappre­sentanti diplomatici di grande qualità. Quindi una ricchezza umana nella differenziazione delle culture. E questo è un insostituibile patrimonio.

Altra sua caratteristica è che la diplomazia dell’Ordine non è una diplomazia di car­riera, ma, per così dire, di élite, che tende sempre più - e qui guardiamo al terzo millennio - a professionalizzarsi, attraverso nomine di ambasciatori che vengono dalle carriere diplomatiche dei Paesi in cui l’Ordine è presente. Talvolta la scelta cade su un ambasciatore cittadi­no dello stesso Stato accreditatario, come è accaduto, ad esempio, in Italia, ove l’ambasciatore accreditato dall’Ordine è stato a suo tempo ambasciatore italiano. In questo caso, ovviamente, il gradimento è preceduto da uno scambio di Note verbali con le quali le parti si danno atto che l’ambasciatore gode di immunità e privilegi limitatamente alle atti­vità collegate alla propria funzione diplomatica, in linea del resto con quanto previsto dalla Convenzione di Vienna.

Come già osservato, vale peraltro ricordare che la diplomazia dell’Ordine non è una diplomazia squisitamente politica, quanto piuttosto funzionale, nel senso che, nella maggior parte dei casi, l’Ordine dà vita a rapporti diplomatici con quei Paesi con i quali sta avviando, o ha già avviato, una cooperazione, cosicché l’ambasciata assume la funzione di strumento di ausilio nei confronti delle opere che si svolgono in quel Paese, le quali dunque assumono una veste ed un carattere istituzionale, che si ripercuote anche sul trattamento giuridico loro riservato dal diritto internazionale (si pensi per l’Italia all’art. 10 della Carta Costituzionale) ad esempio in punto di immunità tributaria e giurisdizionale. In tal senso agli ambasciatori spetta anche il compito di assicurare che il diritto internazionale sia rispettato, sollecitando, se del caso, l’intervento del governo nazionale.

Il rappresentante diplomatico dell’Ordine è bensì un intermediario, come è del resto tipico della funzione svolta, ma non il solo interlocutore presso gli Stati, e questa è un’altra peculiarità dell’ordinamento giuridico melitense, derivante dalla sua sovranazionalità, con­fermandosi così ancora una volta l’importanza della scelta storica compiuta dall’Ordine nel momento in cui ha rifiutato il legame con un territorio, evitando così di trasformarsi in un qualsivoglia minuscolo Stato, tra i tanti esistenti.

La sovranazionalità dell’Ordine significa innanzi tutto che i suoi membri sono citta­dini cattolici dei più vari Paesi, i quali possono riunirsi in associazione. Queste associazioni hanno una doppia valenza, perché, da un lato, agiscono all’interno di un dato territorio, di cui osservano le leggi, ma dall’altro chiedono il riconoscimento all’Ordine, indispensabile per poter usare denominazione e simbolo, cosicché, sotto quest’altro aspetto, sono enti di diritto pubblico melitense, perché perseguono le finalità dell’Ordine e quindi si pongono quali suoi enti strumentali. L’Ordine, infatti, ha un proprio ordinamento giuridico originario e indipendente, all’interno del quale operano persone fisiche e persone giuridiche, di tipo associativo, appunto, ma anche fondazioni.

Dunque le associazioni, che sono dette associazioni nazionali perché operano nella singola Nazione, cui fanno riferimento nella denominazione (così ad es. in Italia essa si chiama Associazione dei Cavalieri Italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta - ACI­SMOM), sono lo strumento mediante il quale l’Ordine opera a contatto e in favore delle po­polazioni del mondo, onde è evidente come vi sia stretto rapporto tra attività degli enti me­litensi nel territorio della singola Nazione e attività diplomatica condotta dall’ambasciatore accreditato presso il Governo di quella stessa Nazione. A fianco alle Associazioni e alle Fondazioni, che hanno finalità essenzialmente di assistenza sanitaria, di protezione civile e di primo soccorso, vi sono poi i Gran Priorati, cui è demandato il compito primario di perseguire i fini religiosi, di elevazione degli animi e spi­rituali, che sono propri dell’Ordine fin dalle sue origini. Essi sono presieduti da Cavalieri di Giustizia, che hanno pronunciato i Voti Sacri. Dunque anche i Gran Priorati svolgono la loro opera all’interno del territorio di una Nazione e si pongono come interlocutori dei governanti della Nazione stessa.

Come si vede la presenza dell’Ordine in un singolo territorio è assai articolata e si pone a diversi livelli, anche dal punto di vista della rilevanza giuridica, che non è solo quella del diritto internazionale. La diplomazia melitense, non è, né può essere dunque portatrice di istanze politiche difensive o aggressive, quanto piuttosto delle istanze umanitarie dell’Ordine e, nel contempo, tangibile segno della sua indipendenza e sovranità rispetto agli ordinamenti giuridici degli altri Stati, ad iniziare dall’Italia, che pur ospita l’Ordine nelle zone extraterritoriali di Via Condotti e dell’Aventino in Roma.

Sul piano giuridico, l’Italia è, per l’Ordine, né più, né meno che uno degli 81 Stati con i quali intrattiene rapporti diplomatici tramite ambasciatori e all’interno del cui territorio operano, come in altri, l’Associazione nazionale, le Fondazioni melitensi, i Gran Priorati, anche se, come è ovvio, l’ospitalità comporta rapporti molto stretti e soprattutto riconosci­menti di immunità e privilegi assai più ampi di quelli goduti dai singoli ambasciatori nei singoli Paesi, perché si tratta di assicurare non già l’attività diplomatica del singolo, ma quella dell’ente primario, dell’Ordine in quanto tale, anche in relazione alla posizione di enclave in cui esso necessariamente si trova, essendo privo di territorio in sovranità.

Vale infine ricordare che se speciali rapporti uniscono l’Ordine all’Italia, assai più organici e importanti sono i legami tra l’Ordine e la Chiesa Cattolica, definiti in maniera chiara dalla Carta Costituzionale recentemente approvata. L’art. 4 ricorda che l’Ordine è persona giuridica riconosciuta dalla S. Sede, per poi statuire che le persone religiose, in seguito ai propri Voti, così come i membri del secondo ceto con la Promessa di Obbedienza, sono subordinate soltanto ai propri Superiori nell’Ordine e che la natura religiosa non esclude l’esercizio delle prerogative sovrane spet­tanti all’Ordine in quanto soggetto di diritto internazionale riconosciuto dagli Stati. Sul piano, poi, dei rapporti diplomatici l’art. 4 precisa inoltre che l’Ordine ha una rap­presentanza diplomatica presso la Santa Sede, secondo le norme del diritto internazionale, mentre il Sommo Pontefice nomina Suo rappresentante presso l’Ordine un Cardinale di Santa Romana Chiesa, al quale vengono conferiti il titolo di “Cardinalis Patronus” e speciali facoltà.

 

  Il Gran Cancelliere, Amb. Conte Don Carlo Marullo di Condojanni, con il Presidente della Repubblica di Polonia, Aleksander Kwasniewski, e la consorte, il 9 aprile 2000 in visita al Gran Magistero a Palazzo Magistrale in Roma. Presenti la consorte del Gran Cancelliere, Donna Elisabetta, i rispettivi Ambasciatori, il Segretario per gli Affari Esteri dell’Ordine, Amb. Francesco Guariglia.