CONFERENZA PISA

Ai Membri della Delegazione Gran Priorale di Firenze

27 APRILE 1990

 

Desidero innanzitutto porgere il mia saluto a questa assemblea così qualificata.

Un ringraziamento al Delegato per questa occasione di incontro e per questa occasione di servizio.

Non c’è dubbio che per me questo invito ha anche un valore sentimentale perché, e qualcuno forse lo ricorderà, 22 a 23 anni fa, a Firenze, si è tenuto il I° Convegno Nazionale dei Gruppi Giovanili, al quale ebbi l’occasione di partecipare attivamente. Davanti a me passano le fisionomie degli uomini che in quel tempo - io ero poco più che adolescente - si impegnavano su quei temi “Tuitio Fidei” e “Obsequium Pauperum" che anche oggi ci appassionano, portandoci ad una dimensione diversa ma con lo stesso spirito di servizio.

E’ difficile aggiungere delle considerazioni a quanto Mons. Scarabelli ci ha detto prima con tanta sinteticità, e non provo minimamente a cimentarmi. Scelgo una nuova via abbastanza facile. Io non vi devo parlare né di particolari interpretazioni, né devo fare delle dotte dissertazioni sugli aspetti più profondi della vita dell’Ordine, sull’interpretazione della sua storia, su quello che poteva essere e non è stato.

Io vi devo raccontare che cosa l’Ordine, oggi, sta preparando per il futuro; come l’Ordine pensa di affrontare il presente e questo anno 2000, che tanto fascino comincia ad esercitare su tutti noi. Non c’è dubbio alcuno che il presente è il risultato del passato. Un passato al quale noi tutti dobbiamo guardare. Permettetemi, anche se vi parlerò del presente, di fare un accenno al passato, perché premessa necessaria per andare avanti.

Lo abbiamo visto nelle diapositive, lo abbiamo ascoltato anche da Mons. Scarabelli, lo scacchiere dell’Ordine, dalla sua origine e fino alla drammatica estromissione da Malta ad opera di Napoleone, era il Mediterraneo, tutto sommato, un piccolo Mediterraneo, quel Mediterraneo che, se non era cristiano, era di ostacolo per la devozione ai Luoghi Santi. Nella difesa di quel Mediterraneo i Cavalieri vissero pagine di gloria ed esercitarono la loro Fede, lasciarono i loro morti ed edificarono la religione di San Giovanni.

La scacchiere in cui l’Ordine oggi si muove è ben più ampio del Mediterraneo e con orgoglio, posso dire che sono i cinque continenti. Quella che nel 1798 poteva sembrare una débacle dal punto di vista politico e dal punto di vista dell’esistenza stessa dello stesso Ordine si è trasformata in un’apoteosi e oggi a distanza di secoli lo possiamo dire, lo possiamo gridare, in una immensa possibilità di realizzare nell’intero mondo i fini istituzionali dello stesso Ordine.

Poco sarebbe valso oggi essere i sovrani dell’isola di Malta. Patrimonio morale, patrimonio religioso, il patrimonio veramente detto, certamente non avrebbe potuto avere nessuna commisurazione con quello che oggi è il patrimonio internazionale e mondiale dell’Ordine la cui affermazione è quotidiana: la vediamo, la misuriamo. Abbiamo fatto degli studi, abbiamo dei dati, abbiamo delle cifre, abbiamo delle statistiche, abbiamo dei grafici che ci fanno vedere come l’Ordine cammina nel mondo. Ebbene da questa premessa io prendo le mosse per raccontarvi come, non certo per caso, nel non lontano 1987, il compianto Gran Maestro Fra’ Angelo de Mojana, in un Sovrano Consiglio, al quale io ebbi l'onore di partecipare quale Ricevitore del Comun Tesoro cooptato, approvò, ispirato dalle ansie delle Associazioni Nazionali, una delibera nella quale autorizzava la realizzazione di un Seminario per le Future Strategie dell'Ordine, da tenersi nel 1988.

Fu lungimiranza politica, fu certamente testimonianza di dialogo nei confronti delle Associazioni Nazionali che avevano determinate istanze che solo in un contesto di confronto mondiale si potevano approfondire, e fu certamente questa l’occasione per cominciare a pensare, non certo al 2000, ma, quanto meno, a quello che l’Ordine doveva fare per non chiudersi definitivamente in dimensioni di tipo ristretto, di opere che continuavano a esistere ma le cui prospettive rimanevano occasionali, sporadiche, non programmate, non gestite, non coordinate.

E così, strada facendo, da quel 1987 abbiamo lavorato e abbiamo lavorato con il mondo intero. Si è predisposto con grande fatica un questionario, forse troppo voluminoso, ricco veramente. I Delegati lo hanno ricevuto e, probabilmente, avranno pensato: “cosa vuol fare l’Ordine con questo libro” e li capisco. Lo hanno avuto i Presidenti delle Associazioni, lo hanno avuto gli Ambasciatori, lo hanno avuto i Gran Priori, lo hanno avuto tutte le periferie dell'Ordine e con grande ansia entro il mese di maggio 1988 si sperava che fosse compilato, ma si è realizzato soltanto nel settembre. A quella data siamo stati in grado di inserire nel computer tutta una serie di dati che rappresentano il censimento delle opere dell’Ordine nel mondo, delle attività dell’Ordine, della vita spirituale dell’Ordine in maniera molta capillare. Si arrivava anche a vedere a quante S. Messe al mese o all’anno partecipavano i Membri dell’Ordine E da questo, naturalmente, sono nate delle elaborazioni; elaborazioni che ci hanno dato dei dettagli ancora maggiori.

Abbiamo faticato molto per avere le risposte. Veramente molto. Perché al di là di dieci o dodici Associazioni, che hanno risposto subito, siamo stati costretti a raggiungere una per una ben venti entità della periferia, per far compilare il questionario che, altrimenti, non sarebbe stato restituito. Il questionario veniva considerato un'idea partita da Roma, che si sa quale fine voleva raggiungere! I più cattivi pensavano “l'Ordine vuole realizzare delle entrate, quindi vuole sanare il suo bilancio conoscendo le periferie”. E certamente, questa diffidenza può aver giocato. Ma la Provvidenza ha trionfato! San Giovanni Battista ci ha assistito e noi abbiamo realizzato questo lavoro che oggi è rappresentato da un grosso libro di consultazione comune, che ci servirà anche per ulteriori aggiornamenti.

E tutto questo, però, non avrebbe avuto un senso senza un seguito. Quello di provare a presentare al mondo intero questo lavoro, di far capire al mondo intero quanto significativa fosse la dimensione dell’Ordine, di spiegare al mondo intero cosa i Cavalieri vogliono fare di questa istituzione per il suo futuro, come la pensano e come la vogliono. E queste sono state le domande, le tematiche che sono state svolte nel dicembre del 1988 nel Seminario sulle Future Strategie dell’Ordine che si è tenuto a Roma presso il Castello della Magliana con degli illustri relatori che venivano da tutto il mondo e che hanno affrontato dei temi principali, fondamentali.

Lì abbiamo avuto una sorpresa; veramente una grande sorpresa! Abbiamo visto come, in tutto il mondo sia grande l’interesse per l'Ordine; quante persone presenti, venute dai 5 continenti, parlavano della stessa cosa; quante persone si rendevano conto di non essere sole nell’affrontare quei problemi. Quello che per ognuno rappresentava un’isola contenuta in ambito nazionale, regionale, locale, o anche nell’ambito di un intero continente, diventava un discorso mondiale. Lo abbiamo visto e lo abbiamo verificato. Dopo 3 giorni di lavori ci siamo lasciati con una delibera di una cinquantina di righe, non credo di più, spontanea, la quale fissava quelle che dovevano essere le linee dell’azione futura per arrivare all’identificazione di precise strategie dell’Ordine, per almeno un decennio, nel breve, nel medio, e nel lungo periodo.

La delibera prevedeva di occuparsi, per prima cosa, della spiritualità, di occuparsi della “ospedalità”, se così la possiamo chiamare, cioè delle varie attività ospedaliere, e per fare questo, sorgeva anche il problema della raccolta dei fondi: il famoso found-, che oggi è fondamentale per andare avanti. Da ultimo, ma non ultimo, il problema della protezione civile, che potrebbe rappresentare, oggi, questa era l’intuizione, un denominatore comune per attività da svolgersi in Paesi diversi, specie gli emergenti.

Su queste quattro linee ci siamo lasciati con l’intento preciso di procedere alla nomina di determinati gruppi di studio, i quali gruppi dovevano presentare dei risultati che sarebbero stati, a loro volta, esaminati da un comitato ristretto, e quindi, sottoposti al Sovrano Consiglio per essere successivamente portati all’attenzione dei Ven.di Gran Priori e dei Presidenti delle Associazioni Nazionali in vista del Capitolo Generale straordinario previsto per il 1991. Capitolo Generale durante il quale queste strategie potranno essere consacrate.

Con soddisfazione oggi vi dico che i tempi sono stati rispettati, che presto ci saranno le risoluzioni definitive, che è previsto per un prossimo Sovrano Consiglio, prima del periodo estivo, l’esame di queste realtà, che i Presidenti delle Associazioni Nazionali si sono già convocati per il mese di settembre e che S.A.Em.ma ed il Sovrano Consiglio nell’ultima Seduta hanno indicativamente fissato per il ‘91 un Capitolo Generale, che, oltre alle strategie si occuperà anche di piccole modifiche ai Codici ed alla Carta. 

Questa la cronistoria, ecco perché il mio compito di oratore era facile! Avendo partecipato a questi eventi, esporveli non è una grande fatica.

Però io vi vorrei dare dei contenuti, e questo forse è leggermente più difficile. E per dare appropriati contenuti a questo discorso noi non dobbiamo dimenticare qual’è la natura intrinseca dell’Ordine.

L’Ordine è, innanzitutto, Ordine Religioso. Poi è, anche, nobiliare e laicale. Si può continuare ad aggiungere che è sovranazionale, sovrano, militare, tutte caratteristiche che con dignità lo riguardano. Perché Ordine Religioso! E quindi la parte fondamentale alla quale noi tutti dobbiamo guardare è innanzitutto la religiosità e a questa guarderanno le strategie per prime, perché la religiosità dell'Ordine si esercita in una dimensione di corpo unico, compatto, orante, che, nelle debite proporzioni, marcia, ieri oggi e domani, in totale parallelismo ed adesione alla Santa Romana Chiesa, dalla quale trae forza per la propria spiritualità, per la propria religiosità. E spetta all’Ordine con questa parola esprimere il profondo significato della sua esistenza.

Ma cosa significa “religiosità” per i Membri dell’Ordine?

Mons. Scarabelli ci ha detto quasi tutto su questo argomento.

Io sottolineo semplicemente che dalle strategie deve venire, e ce lo aspettiamo, un indirizzo preciso su quella che deve essere la testimonianza del Cavaliere di Malta. Testimonianza di vita, di comportamento, di azione. La preghiera aiuta tutto questo, ma bisogna che tutto questo cresca nell’immagine del Cavaliere di Malta verso l’esterno, perché gli altri lo vedano e ne traggano quelle occasioni di riflessione e di meditazione di riconversione che sono certamente uno dei risultati più concreti cui tutto l'Ordine deve guardare. Lascio sempre a Mons. Scarabelli tutti gli altri approfondimenti e non mi dilungo più su questo argomento.

Passo al secondo aspetto. Il secondo aspetto che è quello dell’ospedalità. L’“ospedalità” che cosa vuol dire? Vuol dire servizio ai malati tutto quello che abbiamo visto anche nelle immagini proiettate. Però, le cose si possono fare in modo diverso in questo mondo. Si possono fare delle bellissime cose che rimangono però delle isole. Si possono fare delle cose mediocri, che hanno forse un senso, ma che, certamente, non rappresentano un esempio. Si possono fare delle cose che recano del danno. Bisogna che, nelle strategie, l’Ordine fissi delle politiche ben chiare per quello che desidera che siano la sua immagine e i suoi contenuti nel campo ospedalità.

Già grande cosa sarebbe se l’Ordine avesse un connotato uniforme, mondiale, sul genere di ospedali che vuole portare avanti. Si potrebbe dire, l’Ordine nel mondo cosa fa? Si occupa della lebbra o si occupa dell’AIDS? Si occupa del diabete o si occupa dei paraplegici? Ecco, ci vorrebbe un denominatore comune che identifichi l'immagine della Sanità dell’Ordine nel mondo. Questo cosa vuol dire? Non si può certo cancellare tutto quello che esiste. Sarebbe ritornare indietro. E allora bisogna che, nel rispetto di ciò che esiste, e nel mantenimento a livelli decorosi di ciò che esiste, tutte le periferie ricevano dal centro un indirizzo su quella che deve essere la politica sanitaria-ospedaliera dell’Ordine nei prossimi anni. E’ chiaro che i temi sono ampi e l’Ordine non può fare tutto! Né noi possiamo pensare di colmare tutto lo scibile della Sanità. Dobbiamo affrontare un aspetto, dare una politica alla nostra organizzazione nel campo sanitario e su questa politica, senza far soffrire le opere esistenti, andare avanti.

Qual’è l’atteggiamento di resistenza cui una tale politica certamente può andare incontro? La resistenza di chi nel proprio territorio, nel proprio ristretto ambito, ha una realtà. e vorrebbe che tutti gli altri si adeguassero. Ciò certamente non è possibile e non può essere. E’ auspicabile che arrivi una direttiva che dica: da oggi in poi si fanno solo queste due o tre cose ed è legittimo che chi vive nelle periferie pensi: sì, si fanno due o tre cose. Ma io ho questa realtà., questa, me la devo mandare avanti, me la devo potenziare. Ed è il centro che deve assistere anche queste realtà. E’ il centro  che deve conoscere tutte le periferie. E’ il centro che deve intervenire con nuovo slancio.

Il mondo dell'Ordine che lavora nel campo sanitario, quale politica ha? La politica di una sanità che rappresenti il meglio nel momento in cui viene erogata. Non ha senso per l’Ordine in questo mondo fare le cose che gli altri fanno. Bisogna dare quello che mediamente non si riesce a ottenere sui mercati sanitari nazionali e mondiali. Ed allora la periferia che ha le sue attività e che si vede sostenuta per il miglioramento ed il potenziamento dell’esistente, certamente è una periferia che sarà orgogliosa di avere qualcuno che indirizzi il suo stesso futuro. E questo è un messaggio. Un altro messaggio politico, che deve venire da questo contesto delle strategie.

Il terzo grande tema delle strategie: la raccolta dei fondi. Intanto diciamo che l’Ordine ha un patrimonio adeguato alla realizzazione del suoi fini istituzionali. Diciamo, anche, che ha una potenzialità. enorme già disponibile, che va verso i centri più poveri di questo mondo: Sud America, i Paesi del terzo Mondo, i Paesi tormentati dalla guerra. Non è attraverso la campagna occasionale di una periferia a di una delegazione o di una associazione che si affronta la tematica della raccolta dei fondi.

La tematica della raccolta dei fondi deve essere fatta per programmi. E’ solo sul programma che l’Ordine può acquisire dei fondi. Non è semplicemente mostrando la Croce ottagona e facendo vedere occasionalmente un aspetto o l’altro della vita melitense. Non è la raccolta dei fondi che risolve i problemi della domanda di assistenza da parte dei sofferenti. E prima che nei nostri discorsi, questo lo abbiamo visto nei grandi discorsi mondiali. La fame, la poliomielite, altre grandi campagne hanno dato risultati enormi; e anche l'Ordine dovrebbe nel tempo pensare ad un found-rising per programmi, certamente definiti, con garanzia di impiego dei fondi stessi e di controllo da parte di coloro i quali hanno erogato il danaro. Le legislazioni nazionali favoriscono questo, specie in America dove la raccolta dei fondi viene fatta in modo molto razionale, e naturalmente in questo caso il Sud America, in particolare, beneficia nel nome dell’Ordine di questo flusso finanziario continuo e molto rilevante.

Protezione civile denominatore comune, dicevo prima, grande occasione di servizio al prossimo, servizio che certamente non è oggi svolto in maniera adeguata dagli Stati, o lo è in modo molto carente in quelli che si considerano più civili, mentre è totalmente inesistente in quei Paesi che non hanno ancora raggiunto un progresso tale da prendere coscienza del problema. Problema drammatico anche nei Paesi dell’Est, in cui obiettivamente gli spazi sono aperti in questo momento.

Cosa significa ancora “strategie”? Cosa significa per l’Ordine guardare con questi strumenti all’avvenire? Non significa certo rivoluzionare, cambiare, probabilmente sfasciare l’esistente. Grave errore sarebbe se noi volessimo a tutti i costi, animati di sacro zelo, il giorno dopo che abbiamo fatto le strategie, cambiare uomini e cose per camminare in modo radioso verso obiettivi che vediamo, ma che in quel caso si allontanerebbero all’infinito.

Strategia quindi in questo caso manifestazione di riconoscimento verso la tradizione dell’Ordine. Questo rimane fondamentale. Noi dobbiamo rispettare quello che esiste dando gli strumenti per un’evoluzione positiva dell’organizzazione della struttura. Io mi riferisco qui al quadro mondiale, ma questo vale anche per il quadro più ristretto dell’Europa e in particolare anche per l’Italia, per la sua Associazione. Quindi tradizione che deve continuare. Ma come deve continuare questa tradizione? Non possiamo solo dire “rispettiamo la tradizione”. Questa non ci spiegherebbe molte cose.

Dobbiamo fare un progetto al quale dobbiamo legare una strategia di attuazione. Dobbiamo individuare gli uomini e dobbiamo soprattutto fissare i tempi in cui vogliamo fare delle cose; perché ciascun progetto, senza la strategia, senza i tempi di attuazione e senza gli uomini che se ne occupano, Confratelli carissimi, gentili Dame, e Amici che qui stasera incontro per la prima volta, non si realizza.

Le cose si fanno con una chiara visione, il progetto, la strategia, gli uomini che se ne occupano e la determinazione dei tempi nei quali le cose si devono realizzare. E lo stesso vale per tutte quelle realtà nelle quali l'Ordine si deve cimentare. E non è solo questo. Bisogna anche che si affrontino i problemi della tradizione con un programma ben definito. Conoscere è la prima cosa. Testimoniare è la seconda. Ed è questo che io mi aspetto dalle strategie, una volta che saranno divulgate e saranno recepite nelle periferie.

La tradizione, come memoria del passato, ci può inorgoglire, ma non ci mette in condizione di andare molto oltre la realtà attuale. La tradizione, come forza stimolante da una parte e freno alle avventure dall’altra, è garanzia per l’operato dell’Ordine di San Giovanni.

C’è un’altra cosa però molto importante che, dopo la tradizione, non dobbiamo dimenticare ed è la formazione dei quadri dirigenti. Cosa si fa oggi, soprattutto nel mondo europeo, per la formazione dei quadri dirigenti? E, anche se non sono quadri dirigenti, comunque per i quadri di servizio?

Direi che si fa ben poco. Qualche delegato zelante a qualche presidente zelante sollecita, e sceglie nella cerchia di amici, persone o personaggi che vogliono o desiderano o pensano di poter avere la Croce dell’Ordine e così nascono i futuri Cavalieri di domani. Ma questo basta? Certamente no. Bisogna che ci sia un rapporto tra quella che è l’idea della Croce di Malta concessa in uso, previo il pagamento di una tassa annuale, tra l'altro non obbligatoria, e quella che invece è la Croce di Malta portata come impegno di servizio, come impegno di testimonianza cattolica, come impegno di attività. E’ a questo che dobbiamo pensare. Questo è l’obiettivo fondamentale. Anche perché una delle grosse difficoltà dell’Ordine è che, davanti a un problema, molto spesso noi non sappiamo chi se ne deve occupare.

E permettetemi un attimo di scendere in una realtà nazionale. Io sono italiano, siamo in Italia, l’Italia ha una bellissima Associazione che gestisce delle opere importanti. Se guardiamo all’Ospedale della Magliana, se guardiamo ai centri antidiabetici, le varie attività esistenti, esse sono molte, e molto belle. Ci sono scuole infermieri e ambulatori. Ma quale programma l’Associazione italiana dovrà svolgere negli anni a venire? Con quali criteri? Non c’è dubbio che non ha un gran senso avere 20 strutture concentrate in un’area di 50 km. quadrati e non averne nessuna in intere regioni. E’ una disfunzione che non può essere certamente tollerata in termini di programmi, di strategie, di uomini e di tempi. E quindi anche lì è giusto che noi tutti collaboriamo, come Confratelli, in questo spirito, quando verremo chiamati a dare il nostro apporto di disponibilità e soprattutto di progettualità segnalando, stimolando. Per avere che cosa? Per avere un progetto organico. Per avere quello che si chiama un piano. Perché solo con un piano noi possiamo realizzare senza penalizzare.

Noi tutti dobbiamo guardare a questo obiettivo. L’Associazione italiana, della quale tutti siamo membri ed alla quale guardiamo sempre con grande simpatia, oggi attraversa un periodo di commissariamento per fatti assolutamente congetturali. Il commissariamento finirà, ci sarà un nuovo consiglio, ci saranno dei nuovi consigli nelle delegazioni. Speriamo che le strategie diano in tempo quegli indirizzi che permettano di avere dei canali di amministrazione efficienti, dei consigli delegatizi efficienti, degli enti melitensi che siano gestiti con un’amministrazione che abbia il tempo di occuparsi delle finalità stesse. Questo ve lo dico con amarezza perché qualcuno potrebbe dire il Ricevitore è venuto a dirci qui che, tutto sommato, i consigli, le delegazioni si occupano e non si occupano.” Non è vero. Non è così  e non vuol essere, né un’offesa, né un disappunto. E’ una speranza di poter avere dei consigli e delle attività che naturalmente onorino di più l’impegno dell’Ordine per il prossimo decennio.

Troppo spesso nel mondo si sente dire che alcuni Consigli per definizione non hanno la capacità di gestire. Ed allora delegano a terzi, possibilmente estranei, la gestione delle attività. Ecco, questo è patologico, questo non è sano, questo non è un modo di andare avanti. Dobbiamo cercare di operare dall’interno. Quindi bisogna che questo divenga uno degli argomenti da affrontare nelle strategie e che, con i tempi che saranno necessari, con il rispetto della tradizione, con il rispetto del lavoro di tutti, soprattutto del lavoro fatto nel passato, porti ad una gestione effettiva delle opere dell’Ordine, da parte dei Cavalieri, con un piano organico che preveda non soltanto delle stelle di prima grandezza in alcune posizioni, ma tanti piccoli fari che, insieme, fanno una luce sola. Quella luce che è la stessa luce nel solco della quale l’Ordine si muove, si è mosso e si muoverà. La luce dello Spirito Santo, la luce della Santa Chiesa Cattolica, alla quale noi sempre ci dobbiamo rapportare.

Un discorso certamente complesso, ma che non possiamo tralasciare è rappresentato da quella che è l’immagine del mondo sofferente, questo mondo che non si vede, questo mondo che tace, questo mondo che non ha la voce per parlare. E questo è ancora più importante dal momento in cui le frontiere dell’est si sono aperte. Anche lì ci sono dei silenzi ancora oggi; anche lì ci sono delle grosse occasioni di pianto.

Tutto questo per l’Ordine deve costituire un motivo importante di riflessione su come affrontare le realtà emergenti. Realtà emergenti sono tutte quelle in cui 1’uomo viene calpestato, in cui l’uomo non viene rispettato. E allora, se l’Ordine vuole intervenire nel solco della sua tradizione, nel solco del suo spirito, in questo campo, lo deve fare anche qui con progettualità, lo deve fare senza l’idea di risolvere tutti i problemi, ma quella di affrontarne alcuni in un’ottica corretta, in un’ottica che nasca dal dialogo.

Ed è per questo che io auspico che, per aree geografiche, il mondo dell’Ordine riunisca i suoi quadri dirigenti. Auspico che anche il Gran Maestro, Sua Altezza Eminentissima, si impegni sempre di più in questa opera pastorale che diventa occasione politica, che diventa soprattutto un momento di coordinamento perché questa è anche la funzione del Gran Maestro, dei membri del Sovrano Consiglio, degli organi centrali. Non è pensabile che il Magistero vada a gestire direttamente delle opere e, se ne ha ancora alcune, certamente farebbe bene a passarle alle associazioni nazionali.

Quello che è importante è che il coordinamento venga realizzato e questo deve essere fatto anche per i problemi delle nuove frontiere, per i problemi di questa realtà emergente. L’impegno ad esempio per le delegazioni italiane dell’Ordine oggi sarebbe, ed alcune lo fanno, l’assistenza sanitaria ai non-comunitari. Questo è un problema che socialmente in Italia non è risolto. Questo è un problema che ogni giorno mette in condizione la Caritas o altre organizzazioni di gestire delle mense dove questa povera gente riesce a mangiare, ma anche mangiare non sufficiente. Perché non provare a realizzare dentro queste mense un piccolo servizio sanitario una volta la settimana?

Ecco, questa è una delle cose che, se programmate e gestite e finanziate, potrebbero trovare oggi in Italia un consenso. Ma non solo in Italia. Quindi una prospettiva. Una prospettiva che viene fuori così da un’occasione di dialogo quale è quella che noi abbiamo ora. Però, io spero che queste idee che ci siamo scambiati poi rimbalzeranno anche attraverso il vostro pensiero in altre occasioni e potremo avere anche un coordinamento nella vostra bella regione che tutti amiamo.

Io credo che la nostra conversazione termina e non può non terminare con un paio di riferimenti precisi.

Intanto, l’espressione della devozione verso il Principe e Gran Maestro, che è la testimonianza dell’apprezzamento di noi tutti per il suo grande sforzo attraverso le visite ufficiali, le visite pastorali e la diuturna continua presenza nelle problematiche dell’Ordine che, certamente, lo affaticano, ma che ci danno la serenità per andare avanti.

In secondo luogo, ed è anche questa una cosa molto importante, noi abbiamo un grande dono, quello di poter servire il nostro prossimo sofferente. Continuiamo e speriamo di poterlo fare per molti anni con una consapevolezza certa che lì dove il nostro fratello soffre, lì è il posto dell’Ordine di S. Giovanni, lì è la realizzazione del Cavaliere santo.

Questo è un messaggio ma è anche una realtà. Una realtà che in parole di sintesi io voglio ricordare, perché potrebbe non aver senso tutto il mio discorso se io non vi mostrassi, a campione, in che cosa oggi è impegnato l’Ordine. Ed è per questo che ho domandato al computer, che ha analizzato i dati del censimento delle opere dell’Ordine, le attività primarie nelle quali lo S.M.O.M. è impegnato.

E mi permetterete se lo leggo, ma credo che sia molto di quello che si sta facendo, che si sta facendo nell’ottica del servizio al nostro prossimo sofferente, servizio che per l’Ordine rimane la seconda ragione di esistenza oltre alla prima che è la difesa della Fede.

Oggi come mai, dice il computer, la presenza dell’Ordine è stata sentita soprattutto nei paesi che stanno affrontando le difficoltà. connesse al loro sviluppo economico. Africa, Sud America, Est-europeo, conflitti armati in medio-oriente e in estremo oriente.

In Africa l’Ordine continua a sviluppare le proprie attività in 24 paesi assistendo la popolazione nei suoi 6 ospedali, 31 ambulatori, dispensari, centri di informazione e nei 24 lebbrosari.

In America Latina, oltre al Brasile dove operano lebbrosari, dispensari e centri di informazione, l’Ordine è attivamente presente in 10 paesi.

Nell’est europeo, all’Ordine, unica organizzazione internazionale ammessa nel territorio, è stato richiesto dal governo ungherese di prestare assistenza ai profughi in attesa di espatrio verso l’Austria e la Germania. Successivamente il Malteser Hilfdienst ha creato una struttura operativa per gli aiuti alla Romania, che ha lavorato da dicembre ad oggi nelle regioni ai confini con l’URSS, convogliando aiuti in viveri, medicinali, vestiario, attrezzature mediche, valutate, a fine marzo, in oltre 15 miliardi di lire.

Significativa in Estremo Oriente l’assistenza prestata ai profughi vietnamiti, cambogiani, in 3 campi in Thailandia e Vietnam. In Medio-Oriente, oltre al Pakistan dove è attivo un ospedale, vi è un campo di profughi afghani.

Nel Libano si realizza una delle più importanti presenze dell’Ordine, attraverso la gestione di ben 15 ambulatori sparsi in tutto il paese che assistono oltre 300.000 persone all’anno. Tre nell'area cristiana di Beiruth, due nell’area sciita di Beyrouth, due nella valle della Bekaa, tre nel luogo controllato dai Siriani, uno in area drusa e tre nelle zone di influenza israeliana. Il governo italiano, rendendosi conto della validità politica dell’azione svolta dall’Ordine, la cui bandiera è l’unica a consentire la circolazione dei mezzi sotto la protezione di tutte le parti in conflitto (gli sciiti, i drusi, i siriani, gli israeliani ecc.), ha contribuito con due miliardi di lire della cooperazione alla costruzione di un nuovo ambulatorio nella Bekaa e al suo potenziamento, con la fornitura di ambulanze, apparecchiature sanitarie e mezzi di comunicazione che si sono aggiunti a quelli esistenti.

In campo internazionale il Gran Magistero sta svolgendo una intensa attività di relazione con gli organismi comunitari e di cooperazione allo sviluppo: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le Nazioni Unite, per la realizzazione di progetti multi e bi-laterali e sono in corso negoziati per iniziative sia in Africa che in Estremo Oriente.

Tra le strategie per gli anni ‘90 vi è in primo luogo, la individuazione di una programmazione coordinata degli interventi soprattutto in campo sanitario ed ospedaliero che oggi necessitano di alta specializzazione ed importanti investimenti.

In questo vasto quadro mondiale non si può dimenticare l’Europa, ed in particolare l’Italia, dove l’Ordine, attraverso l’Associazione dei Cavalieri italiani, ha una presenza significativa che si estrinseca nella gestione dell’ospedale di neuro-riabilitazione motoria di Roma con oltre 70.000 presenze all’anno; nei centri antidiabetici sparsi per l’Italia; nelle attività di assistenza ai malati, anziani, handicappati; nella formazione del personale infermieristico; nella costante presenza alle manifestazioni religiose, sportive e sociali. Oltre a tutto quanto naturalmente viene fatto dalle altre strutture sanitarie delle Delegazioni e dagli altri enti che operano nel territorio. Qui termina la lettura della sintesi informatica. Credo che non si possa non essere orgogliosi di questo “Ordine di Malta”. Credo che non si possa non pensare con fiducia al futuro e credo che le strategie siano già cominciate.

Da quanto io vi ho detto, voi vedete che mentre l’Ordine prepara le strategie, in realtà già un grosso lavoro si sta veramente realizzando. E il merito va certamente agli uomini. Quegli uomini che di volta in volta sono chiamati a coprire le responsabilità. Sono degli uomini che provengono da realtà diverse, da culture diverse, che, una volta investiti delle responsabilità, poi, devono dare il massimo, con la convinzione che quello che fanno è assistito dalla divina provvidenza. Poi andranno via, perché bisogna avere il coraggio di servire e di lasciare agli altri le responsabilità. Andranno via, probabilmente svolgeranno altri compiti o spariranno, ma certamente saranno degli uomini, fortunati se quello che hanno fatto in piena onestà intellettuale, lo hanno fatto con totale dedizione e spirito di sacrificio, lo hanno fatto nella sofferenza della testimonianza della fede cattolica e della Religione di San Giovanni.

Voglia la Santa Vergine di Fileremo, voglia San Giovanni Battista, assistere l’Ordine, assistere il Gran Maestro, assistere tutti coloro che di questa Santa Istituzione fanno parte nel lavoro di ricerca della Fede, di testimonianza dell’Amore, di realizzazione della missione che ci è stata affidata.

Grazie.